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Foreste casentinesi. Un parco naturale che tutela anche il patrimonio immateriale del sapere, per la sua conservazione e valorizzazione.

Intervista di Anna Magli a
Luca Santini, presidente del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi.

Una volta si chiamava Parco Regionale del Crinale Romagnolo poi, dal 1993, è diventato per tutti il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna. Per conoscere le sue origini dobbiamo andare molto indietro nel tempo, circa al 1012 quando San Romualdo fondò l’Eremo di Camaldoli nel cuore delle foreste. Furono gli stessi monaci a redigere poi il Codice Forestale Camaldolese, un accurato vademecum per la cura e la gestione del bosco. È sempre stato quindi un approccio spirituale, prima di tutto, a tracciare i passi di una lunga storia fatta di utilizzo, rispetto, tutela e governo del bosco in questo territorio a cavallo tra la Romagna e la Toscana. Lo Stato italiano diventa proprietario esclusivo delle foreste solo nel 1959 grazie a Fabio Clauser, l’allora amministratore delle Foreste Casentinesi che diverranno la prima Riserva Integrale istituita in Italia. Il Parco pone tra le proprie finalità non solo quella della tutela (che è prioritaria) ma anche quelle dell’incentivazione di studi e ricerche scientifiche, la promozione delle attività economiche sostenibili, di attività culturali, educative e di fruizione ambientale. Ne parliamo con il Presidente Luca Santini.

Parliamo del Parco in termini geografici. L’area che ricopre, i sentieri percorribili, le acque che lo attraversano.

Il Parco si estende per circa 36.000 ha su un tratto di crinale diviso fra due Regioni: Emilia-Romagna e Toscana. Qui non troviamo vette molto elevate (la cima più alta è M. Falco con i suoi 1658 m s.l.m.) ma alcune tra le foreste più antiche d’Europa, che offrono ai visitatori infinite possibilità escursionistiche: è possibile godere di crinali panoramici, foreste millenarie e antiche mulattiere in tutte le stagioni, anche grazie a strutture ricettive perfettamente integrate con l’area protetta. Sugli oltre 600 km di sentieri si sviluppano proposte di ogni tipologia, dai percorsi di più giorni “da rifugio a rifugio”, agli itinerari dedicati alla MTB, fino ai semplici sentieri natura o ai percorsi ad alta accessibilità.
Camminando lungo i sentieri del Parco, capiterà spesso di incrociare fiumi, torrenti e cascate incantevoli. Alle falde di M. Falterona troviamo le sorgenti del fiume Arno, le cui acque, insieme a quelle dei suoi numerosi affluenti, modellano anno dopo anno le vallate casentinesi. Al di là del crinale, l’idrografia romagnola è articolata in valli a pettine, con corsi d’acqua paralleli gli uni agli altri.
Le acque dei torrenti del Parco diventano spettacolari quando, compiendo balzi anche di oltre 70 metri, formano suggestive cascate su gradoni di arenaria come avviene nella famosa Cascata dell’Acquacheta, citata da Dante nel XVI canto dell’Inferno, in quella degli Scalandrini, nel cuore della foresta della Lama, o presso la Cascata del Piscino sopra Castagno d’Andrea nel versante fiorentino.
Infine, l’acqua diventa protagonista assoluta a Ridracoli: la visita alla diga, all’omonimo lago e a “IDRO” l’Ecomuseo delle Acque conclude nel miglior modo possibile il nostro viaggio.

Quale è il rapporto fra l’amministrazione del parco ed i paesi che lo circondano?

I paesi che circondano il Parco rappresentano l’ideale cornice storica alle foreste che coprono i crinali dell’Area protetta. Rappresentano quindi la porta di ingresso per i visitatori e ospitano spesso Centri Visita o Punti informazioni, che possono aiutare nel pianificare l’itinerario o essere loro stessi una tappa della visita.
Il rapporto tra il Parco e le amministrazioni comunali è uno dei punti chiavi per l’efficacia dei progetti dell’Ente: senza il supporto delle comunità locali infatti difficilmente si avrebbe il necessario sostegno e supporto nelle tante azioni svolte per la tutela della biodiversità e per la promozione dello sviluppo sostenibile.
I paesi sono inoltre rappresentati all’interno della Comunità del Parco, organo istituzionale costituita dai Sindaci dei Comuni, dai Presidenti delle Regioni, delle Province e delle Comunità Montane del Parco. Eleggono propri rappresentati inoltre nel Consiglio Direttivo, ovvero il principale organo di indirizzo programmatico, che definisce gli obiettivi da perseguire, e sono quindi a tutti gli effetti tra i principali protagonisti del funzionamento dell’area protetta.

La spiritualità del luogo è attestata anche dalla presenza di due importanti centri religiosi come La Verna e Camaldoli. L’amministrazione del parco e le comunità religiose collaborano per progetti comuni di valorizzazione?

Il Parco e gli enti religiosi presenti sul territorio: monaci camaldolesi e frati francescani collaborano a diversi progetti, fra cui la Carta Europea del Turismo Sostenibile, nell’ambito della quale si prevede di organizzare un seminario nazionale dedicato alla Ecologia Integrale ed allo Sviluppo Sostenibile ed altre attività di turismo sostenibile che valorizzano, oltre al patrimonio naturalistico, anche le peculiarità storiche ed il valore spirituale di questi antichi luoghi di preghiera.

Quali sono i progetti di ricerca e protezione dell’habitat e della fauna che avete in essere? Ci sono particolari specie animali che vengono monitorate?

La Legge Quadro per le Aree protette 394/91 mette tra le finalità istituzionali degli Enti Parco la promozione della ricerca scientifica, da intendersi come strumento di conoscenza al servizio della conservazione. Proprio per questo motivo fin dalla sua istituzione il Parco ha avviato numerosi progetti, che consentono oggi di avere una conoscenza dettagliata sulla distribuzione e sullo status di specie e habitat.
Questa conoscenza ha dato la possibilità al Parco di candidare anche progetti specifici sul programma LIFE, lo strumento finanziario dell’Unione Europea a favore dell’ambiente, vedendo il proprio coinvolgimento in ben 4 di questi. Il “LIFE WetFlyAmphibia” si è occupato ad esempio di anfibi e ambienti umidi e di alcune tra le specie più rare del Parco, tra cui l’ululone appenninico, la salamandrina di Savi e il tritone crestato. Il “LIFE STREAMS” è stato dedicato al recupero e alla conservazione delle popolazioni di trota nativa mediterranea (Salmo macrostigma o – in base alla definizione scientifica più recente – Salmo cettii). Il Life Eremita si è occupato in particolare della conservazione di due specie di insetti legati al legno morto e agli alberi habitat, ovvero Osmoderma eremita e Rosalia alpina e infine il LIFE ShepForBio vede il Parco coinvolto per il miglioramento di habitat di prateria, attraverso lo sviluppo di attività pastorali che ne garantiscano una gestione sostenibile e duratura.
Oltre ai numerosi progetti sulla piccola fauna, tra cui anfibi, gamberi, libellule e insetti impollinatori, lo sforzo dei tecnici è rivolto chiaramente anche allo studio, monitoraggio e conservazione dell’avifauna, delle diverse specie di ungulati presenti sul territorio (cervo, daino, capriolo, muflone e cinghiale) e delle popolazioni di lupo, nella consapevolezza che nessuna specie sia meno importante delle altre.

Nell’ambito proprie finalità, l’amministrazione del parco sembra particolarmente attenta alla salvaguardia della memoria della popolazione di montagna che qui vive e lavora e di quella civiltà appenninica che tende a scomparire. Che tipo di supporto riuscite a offrire? Esistono già cenni di ripopolamento e di recupero dei tanti ruderi abbandonati?

In questo ambito si svolge il nostro progetto “I Popoli del Parco”, “raccontato” in un sito dedicato con documenti, interviste e fotografie che testimoniano la cultura immateriale delle genti che popolavano l’Appennino e l’area interessata dal Parco prima dello spopolamento. In questo contenitore vengono restituiti i risultati della ricerca della borsa di studio dedicata a temi storici-etnografici, che di solito consistono in mostre, realizzazione di filmati divulgativi tratti dalle interviste, acquisizione di archivi fotografici e storici, ecc.
Il nostro progetto si pone soprattutto l’obiettivo della salvaguardia del patrimonio immateriale del sapere, della sua conservazione e valorizzazione, anche in collaborazione con altri soggetti che operano nel territorio del Parco.
Alcune aree del Parco hanno conosciuto un ripopolamento, anche se non si parla di piccoli o piccolissimi numeri, in controtendenza con lo spopolamento prima citato.

www.parcoforestecasentinesi.it