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Da grande voglio fare il pastore. L’inaspettato successo della scuola di pastorizia in Italia. Un mestiere antico per ridare vita ad habitat in pericolo.

Intervista di Anna Magli a Tommaso Campedelli del progetto Life “ShepForBio” per Dream Italia.

Nasce nel Parco delle foreste Casentinesi una scuola per pastori e allevatori, completamente gratuita. Si chiama “ShepherdSchool” e prenderà il via ad aprile nel Comune di Stia, in provincia di Arezzo, presso il centro di formazione delle Officine Capodarno. Le aree interessate dal progetto ricadono sia all’interno del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, area a cavallo del crinale appenninico tra Toscana e Romagna, sia nella zona del Pratomagno, dorsale montuosa tra il Valdarno e il Casentino. L’iniziativa è realizzata nel contesto del progetto Life “ShepForBio” cofinanziato dall’Unione europea nell’ambito del programma LIFE e vuole creare una scuola di formazione per nuovi pastori e allevatori, con l’obiettivo di promuovere il pastoralismo nelle aree rurali e montane, contribuendo a contrastare lo scarso ricambio generazionale che affligge questo settore, in particolare nelle aree montane e più marginali. Sono 168 le domande di ammissione arrivate per soli 6 posti a disposizione. Sul modello delle esperienze europee, la ShepherdSchool prevede un percorso di formazione in grado di fornire ai partecipanti strumenti teorici e pratici di base, utili all’avvio di una nuova attività. Si terrà particolarmente conto dei temi attuali che gli ambienti montani si trovano a vivere: la gestione del conflitto con i predatori, la mitigazione degli impatti climatici e la valorizzazione dei servizi ecosistemici legati alla tutela della biodiversità e delle risorse. Il partenariato del progetto è costituito da Dream Italia (coordinatore), Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, Regione Toscana, Unioni dei Comuni della Romagna Forlivese, Casentino, Pratomagno e Valdarno Valdisieve, Università di Firenze e di Roma – La Sapienza, Studio Verde e Euromontana. Ne parliamo con Tommaso Campedelli di LIFE ShepForBio per Dream Italia.

Un numero d’impressionante di adesioni a questo primo bando per la Shepard School. Ve lo aspettavate? Ci può raccontare un po’ il profilo dei candidati, età, professioni, genere e provenienza?
Non ci aspettavamo assolutamente un’adesione del genere, anzi ci eravamo posti più volte il problema di come arrivare a coprire il numero di posti a disposizione. Siamo stati sommersi, oltre 160 richieste. Questo ci fa piacere ma crea dei problemi per la selezione che sarà difficile. Non c’è una tipologia precisa di persone. Sono estremamente variabili e diverse da tutti i punti di vista. Donne, uomini, laureati, professionisti, chi fa già questo lavoro, chi è impegnato in ambito agricolo, chi fa l’operaio metalmeccanico, chi fa l’interprete per la UE e lavora a Bruxelles, di tutto… Una prevalenza di persone giovani, sotto i 30 anni, molte tra i 30 e 40 ma ci sono anche over 50. Come esperienze precedenti è un mondo molto variegato: ci sono quelli che hanno un obiettivo ben specifico con alle spalle esperienze di affiancamento ad allevatori e pastori in varie località, dalle Alpi agli Appennini. Ci ha chiamato un candidato dalla Francia dove è attualmente impegnato in un allevamento che ospita ogni tipo di animale, bovini, suini, ovini, avicoli. Quindi parliamo di persone con una motivazione molto forte e specifica, che ha cercato e cerca, sacrificando anche ferie e relazioni sociali, di farsi un’esperienza. Ci sono poi tutta un’altra serie di persone che perseguono più l’obiettivo di cambiare vita, lasciare la città, cambiare lavoro… Rimane più difficile qualificare questa diversa tipologia di candidati difficili da inquadrare ma non per questo meno interessanti.

Che criterio di valutazione avete adottato nella scelta degli aspiranti pastori. Quali sono gli elementi che porteranno a determinare di scegliere un candidato invece di un altro? Contano le precedenti esperienze, la formazione scolastica, la costituzione fisica, il genere?
Abbiamo fatto una selezione in due step. Una prima selezione di scrematura in base alle esperienze precedenti e ad altre informazioni che il candidato comunicava all’interno del modulo. Non è stata però, ed è molto importante sottolinearlo, l’esperienza in questo lavoro quello che ci interessava ma la motivazione e le esperienze che hanno rappresentato questa forte motivazione. Faccio un esempio banale: se mi scrivi che hai trascorso due mesi su un alpeggio per vedere come si pascolavano gli animali invece di andare da qualche altra parte a divertirti, mi comunichi subito un segnale di grande motivazione. Quindi con questa prima selezione abbiamo individuato un nucleo di candidati più ristretto che è poi stato valutato per la selezione finale. Il progetto ha come finalità l’obiettivo di migliorare lo stato di questi habitat, un progetto finanziato dal programma Life. L’obiettivo si raggiunge attraverso una gestione oculata di questi ambienti, tramite l’attività pastorale zootecnica. Creare una scuola è una modalità con cui cerchiamo di dare un contributo al risoluzione di una criticità che affligge questa attività, soprattutto quella più estensiva delle aree di montagna che tutti chiamano “marginali” e che dal punto di vista economico sicuramente presentano difficoltà maggiore. La finalità è risolvere al problema del ricambio generazionale. Il nostro desiderio è quello di selezionare persone che hanno come l’obiettivo la volontà di creare un’attività, un’azienda che vada incontro alle criticità del settore. Che poi ci riescano, visti i problemi di tipo finanziario e burocratico che incontreranno, è un altro discorso. Per noi è importante formare in questi quattro anni, il tempo in cui andrà avanti il progetto, professionisti che, almeno in parte, daranno vita a delle aziende che mantengono vivi questi habitat e la biodiversità che in questi habitat risiede.

Le selezioni sono finite e adesso comincia la parte operativa del progetto. Come si svolgerà questa formazione nella parte teorica e in quella pratica?
La Scuola prevede una parte di formazione in aula, con lezioni teoriche e visite ad aziende e realtà produttive del settore e una parte di affiancamento di pastori e allevatori presso aziende del territorio del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. Durante la parte teorica saranno sviluppate nozioni di biologia, anatomia e alimentazione degli animali in produzione zootecnica. Ci saranno poi lezioni per insegnare a gestire in maniera ottimale le risorse foraggere prative e pascolive ed altre per fornire una prima e solida conoscenza dei temi relativi all’aspetto sanitario nell’allevamento del bestiame. Si insegnerà a gestire a livello normativo il materiale prodotto, dalla lana sudicia al prodotto, senza dimenticare il suo utilizzo nei vari settori di bioedilizia, agricoltura, tessitura, biomedicamenti etc. Gli studenti potranno confrontarsi direttamente con un pastore con esperienza diretta di tosatura di varie razze di pecore. Verrà insegnata l’adozione di una corretta strategia antipredatoria, che parte dalla conoscenza delle vulnerabilità e della gestione della singola azienda agricola e quindi delle sue peculiarità. Per strategia antipredatoria si intende l’utilizzo di più sistemi di prevenzione messi in campo per migliorare la sicurezza del bestiame. Non mancheranno insegnamenti sulle opportunità fornite al settore zootecnico dalla Politica Agricola Comunitaria e altri programmi. Durante lo stage, i discenti condivideranno il lavoro in azienda con i pastori e gli allevatori, avendo la possibilità di mettere in pratica le nozioni teoriche acquisite durante la fase di formazione in aula e di incrementare in maniera efficace le proprie capacità e competenze. Lo stage avrà una durata di 30 giorni, non continuativi ma suddivisi in 2/3 periodi in funzione delle esigenze degli allevatori e dei discenti, con l’obiettivo di coprire le fasi più importanti del lavoro in azienda (monticazione e gestione del bestiame al pascolo, stabulazione, parti ecc…).

La parte pratica riguarderà solo pascoli ovini o saranno tenuti in considerazione anche bovini e caprini?
Eravamo partiti con il settore ovi-caprino poi abbiamo fatto alcune valutazioni territoriali e abbiamo capito che non potevamo lasciare indietro i bovini che, almeno in certe zone dell’Appennino, sono ormai la forma predominante di allevamento. Attività che ha delle ricadute positive sulla conservazione dell’habitat.
Il corso è gratuito ma dove alloggeranno gli allievi e che costi copre l’organizzazione?
L’iscrizione alla Scuola è gratuita. Agli aspiranti pastori che saranno selezionati per partecipare alla scuola, il progetto offre alloggio gratuito, presso le strutture del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi o analoghe, per tutta la durata del corso teorico. Nella parte di stage, i discenti alloggeranno presso le aziende agricole coinvolte nel progetto o in strutture analoghe poste in vicinanza; anche in questo caso, il costo dell’alloggio è comunque coperto dal progetto.

Perché per la conservazione dell’ambiente e degli habitat, la pastorizia è considerata un elemento fondamentale?
Ormai dalla metà del secolo scorso c’è stato un cambiamento netto nella società, mutamento che comprende la migrazione dalla campagna e l’abbandono delle attività tradizionali. Trend che è andato in crescita e che tuttora continua. Questo ha determinato un cambiamento drammatico nel paesaggio, per cui gli ambienti aperti che venivano mantenuti, sia grazie all’attività di pascolo che all’attività agricola, si sono ridotti tantissimo a vantaggio del bosco che ha recuperato il terreno che in molti casi gli era stato sottratto in precedenza. Questo ha determinato la riduzione se non la scomparsa di moltissime specie di insetti, farfalle, fiori, uccelli legati a questi ambienti che, venendo meno, hanno messo a repentaglio loro esistenza e riproduzione. Recuperare questi ambienti, dove non si siano già trasformati in bosco, comporta l’impegno per la loro corretta gestione. Ci sono diverse modalità per amministrare questi ambienti: il pascolamento è quello più in linea con gli obiettivi di conservazione perché permette la gestione diversificata dell’altezza della vegetazione determinato dal diverso tipo di animale che pascola in un certo ambiente. È comunque un uso della zootecnia compatibile con la conservazione di questa biodiversità che anzi la migliora perché se si utilizzassero attrezzature meccaniche, come la stessa attività agricola più invasiva, questa diversità non di manifesterebbe. Bisogna inoltre considerare tutto il valore aggiunto che queste attività si portano dietro a livello sociale, culturale, economico: il mantenimento di un presidio del territorio, delle tradizioni ecc. Un valore veramente a 360°. Oggi la conservazione della biodiversità in molti casi deve necessariamente collegarsi a delle attività economiche. Quando si sente parlare dell’Italia come la culla della biodiversità europea si parla del risultato che si ottiene con l’interazione del fattore umano. Noi vogliamo mantenere questa ricchezza perché, senza l’intervento umano, si perde la maggior parte della ricchezza che abbiamo.

Fra le motivazioni della necessità di formare nuovi professionisti della pastorizia c’è anche lo scarso cambio generazionale. Non trova che questo presupposto sia un po’ in contrasto con il numero di adesioni ricevute? Chi non vuole più fare il pastore?
La risposta potrebbe risiedere in una considerazione: gli strumenti che attualmente si mettono in campo per favorire l’imprenditoria giovanile nell’ambito della pastorizia evidentemente non funzionano bene. Perché se ci sono così tante persone che partecipano al nostro bando, è evidente che c’è una quota importante di persone che vorrebbero costruire un progetto di vita su questa attività. Un tema che nei colloqui salta sempre fuori perché quando chiediamo le motivazioni per la loro candidatura, ci sentiamo spesso rispondere che hanno bisogno di qualcuno che gli insegni a fare questo lavoro, che li aiuti nel disbrigo delle pratiche di acquisto del terreno, del bestiame e delle stalle, che li indirizzi al disbrigo delle mille pratiche burocratiche, che gli insegni a capire le leggi, ad acquisire i contributi statali ed europei. E’ giusto dare contributi per ridurre l’impatto dell’agricoltura industriale ma è altrettanto giusto dare una mano a promuovere un’altra forma di agricoltura, di allevamento. E sono tante le persone che vorrebbero dedicarsi a questa agricoltura sostenibile.