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BOM Art Trail, Paolo Vivian: tenere viva la Memoria per comprendere il presente.

Intervista di Anna Magli a Paolo Vivian, autore delle “Colonne della Memoria”, cinque colonne di cubi di legno dipinto, situate nell’area intorno a Monzuno.

Continuiamo le interviste con gli artisti che, con le loro opere di Land Art, stanno realizzando il suggestivo percorso tematico di BOLOGNA MONTANA ART TRAIL, un anello percorribile a piedi, mountain bike o a cavallo in un’ambientazione naturalistica e storica, che avrà una lunghezza di circa 100 km ed attraverserà paesi dell’Appennino tosco emiliano (Loiano, Monzuno, Monghidoro e Monterenzio, S. Benedetto Val di Sambro). BOLOGNA MONTANA ART TRAIL sarà un itinerario fuori dai soliti schemi, una galleria d’arte a cielo aperto dove selezionati artisti realizzeranno le loro creazioni avvalendosi di materiali prevalentemente naturali, come alberi, rami, sassi, terra ed altro. Oggi incontriamo Paolo Vivian, autore delle “Colonne della Memoria”, cinque colonne di cubi di legno dipinto, situate nell’area intorno a Monzuno.

Partiamo dalla sua formazione artistica che è stata molto particolare e, in un certo senso, piena di stimoli provenienti da ambienti carichi di dolore. Come l’ha arricchita l’esperienza di operatore all’interno di un ospedale psichiatrico?
Prima dell’ospedale psichiatrico, che stava facendo i primi passi dentro la nuova legge Basaglia, ho lavorato come saldatore, esperienza che anni dopo ho trovato utile nella scultura con il ferro. Ero giovane e con poca coscienza artistica però l’incontro con il pittore Carlo Girardi, che lavorava nel magazzino dell’ospedale, mi ha aperto gli occhi e ho così potuto affrontare la pittura che facevo per hobby in modo più consapevole. Il lavoro di reparto mi ha sicuramente segnato ma lo affrontavo con leggerezza facendomelo piacere.

Nel suo percorso artistico, non è arrivato subito alla Land Art ma è passato tramite altre esperienze molto all’avanguardia come i Nidi di Memoria sui cui lei ha avuto modo di dichiarare che “L’arte mi permette di liberare la mente facendomi attraversare dai detriti della memoria, tramite i quali vivo e creo la mia libertà”. Che cosa utilizzava per queste opere e cosa ha scelto di rappresentare?
La Memoria è diventata la mia ossessione, e di più oggi dove ci rendiamo conto di come il sistema riesca a stravolgere i fatti con racconti di propaganda invece che documentali. I nidi sono la conseguenza a ritroso nel tempo, delle memorie che ho individuato nella forma del cubo come un involucro prezioso che la custodisce.

Fra i suoi lavori abbiamo trovato anche un’interessante installazione video che ha presentato a Contemporist : “Mare Nostrum”. Che rapporto ha con questo tipo d’ installazioni tecnologiche e cosa rappresentava Mare Nostrum?
Nel tempo ho cominciato ad affrontare ogni situazione con occhio critico e cercato di trarne una forma artistica per comunicare qualcosa. Ogni mezzo che mi incuriosiva e ritenevo adatto per un concetto, lo provavo e talvolta ne è uscito qualcosa. Mare nostrum, presentato nel 2017 al BOX di Milano e nel 2022 al BACS di Leffe è la denuncia della tragedia quotidiana con teatro il Mediterraneo. Senza voler trovare responsabilità specifiche, vuole stimolare le persone a trovare le risposte nella ricerca personale. Un’altra video installazione, Dindele Dondele Campanò, presentata a Vilnius nel 2009 ha poi vinto un premio a Lienz nella fiera di fama mondiale Ars Elettronica.

La motivazione che accompagna la sua opera collocata a Monzuno, racconta che il suo obiettivo è rappresentare i cinque elementi primari essenziali per la vita: terra, acqua, fuoco, aria ed etere, come assi tra terra e cielo. Perché ha scelto come ispirazione la costellazione dell’Ariete?
La costellazione è nata quando ho dovuto pensare a come disporre le colonne sul terreno. Ho così cercato una costellazione con cinque stelle principali e la più adatta mi sembrava l’Ariete. Lo stimolo è arrivato dal monte Venere e monte Sole. Le colonne sono un tentativo di connettere, attraverso la memoria, l’uomo, la terra e l’universo attraverso gli elementi naturali e prova a ripulire l’essere dal troppo inquinamento del sistema Vita, che ci allontana dalla natura Madre e Vera.

Ci piacerebbe conoscere il tipo di materiale ha utilizzato per Le cinque colonne ed anche la sua opinione sul progetto Bologna Montana art Trail.
Ho preparato l’opera grezza in studio, i cubi di larice levigati e trattati con cementite li ho poi colorati sul posto dell’installazione. Ho realizzato le basi in ferro e le aste metalliche poi cementate sul posto.
Il problema di questi progetti è la continuità, molti partono con grande convinzione e poi dopo uno o due anni si fermano, buttando all’aria gli investimenti degli anni precedenti. La continuità è ciò che auguro Bologna Montana Art Trail e nel tempo, trovare artisti provenienti da tutto il mondo. Già il fatto di aver collocato le prime opere in posti lontani dalle case è un buon inizio.

L’artista di Land Art ama relazionarsi con la natura. Possiamo definirlo un artista solitario o ama integrarsi con altri artisti per progetti di più ampio respiro?
In generale io preferisco lavorare da solo per integrarmi totalmente con l’opera. Non disdegno qualche progetto in comune ma ci deve essere feeling con gli altri artisti e allora nascono sorprese.

Su cosa sta lavorando attualmente?
Ho da poco realizzato una scultura in pietra Dolomia per il parco delle dolomiti in miniatura di San Tomaso Agordino “Dolomites Rock Miniatures” dove vengono realizzate le più importanti cime delle dolomiti.
Contemporaneamente seguo il progetto Metal Kunst3/Contempo che prevede la realizzazione di opere in ferro nelle officine della Metal Working di Pergine Valsugana, da sei artisti internazionali poi esposte per due mesi ciascuna alla galleria Contempo.