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Nella forza della natura, anche quella che devasta, la mia fonte di ispirazione.

Intervista di Anna Magli a
Marco Martalar, l’artista dei boschi.

Marco Martalar ama la natura, i boschi e gli alberi che le sue opere d’arte, che sono esposte anche in musei prestigiosi come il Mart di Trento, sono strumento di rinascita per la materia che utilizza: non più tronchi, rami o fronte ma figure possenti che dominano il paesaggio. La sua opera più importante, o almeno la più conosciuta è il “Drago di Vaia”, un’imponente scultura alta sei metri che si trova a Lavarone, sull’Alpe Cimbra. Marco Martalar non è solo “l’autore del Drago”. Le sue opere, principalmente in legno, sono tante e anche diverse tra loro ma tutte hanno un tratto in comune: il rispetto per la materia. Nel lavoro di Martalar si percepisce un rapporto diretto con il legno, basato sull’attenzione e nato da un sincero amore per la natura. Dal suo amore per l’arte, invece, in modo particolare per la scultura, nasce la fonte di ispirazione per opere che sono uniche e irripetibili.

Marco, le piace la definizione “uomo dei boschi” o preferisce artista?

Uomo dei boschi non mi dispiace ma  forse preferisco artista dei boschi o artista della natura.

 

Qual è stato il suo primo approccio con l’arte? Avrebbe mai pensato di farne una professione?

L’arte è da sempre parte della mia vita fin da piccolo, la scultura in particolare  e ho sempre cercato di farla diventare la mia fonte di vita, la mia professione perché è quello che volevo fare.

 

Le sue figure sono sempre  molto grandi, quasi incombenti. Come se volessero lanciare un messaggio che affermi la superiorità della natura. Possiamo dire che il suo Drago di Vaia,  quasi una fenice che rinasce dalle sue stesse ceneri, è messaggero di un messaggio che la natura vuole lanciare all’uomo?

Sì creare opere grandi che si impongono e che in qualche modo cercano di far capire chi comanda e che si  deve avere rispetto della natura è lo scopo. Poi sì, come la fenice la natura rinasce sempre.

 

Quali emozioni hanno accompagnato la realizzazione del Drago? Quel materiale residuo del bosco distrutto dalla tempesta l’ha ispirata nel costruire un’opera così maestosa?

Le emozioni riguardano spesso la sfida, la fatica di creare un opera totalmente con le mie mani passo dopo passo cercando di risolvere i problemi un poco per volta e alla fine poter dire:  “ok è fatta!”

 

Se volessimo circoscrivere una sua cifra artistica, lei come si definirebbe?

Un vero modello di riferimento non ce l’ ho. Traggo vari spunti che trovo in immagini sul web, immagini  che spesso non riguardano il legno, poi metto insieme le idee e cerco di trovare il mio percorso.

 

Lei lavora anche su commissione per privati e istituzioni.  Quanto influisce  la sensibilità ambientale e il legame quasi viscerale tra lei, la foresta e gli alberi sulle sue scelte creative? Può un materiale,  come è accaduto ad altri artisti, suggerire quale è la forma artistica a cui si “sente”  destinato?  

La foresta, i boschi, la natura sono la mia principale fonte di ispirazione:  tutto quel materiale di scarto che nessuno considera e anzi a volte risulta “brutto”, quei boschi distrutti e devastati per me sono bellezza, sono una forma d’arte, magari violenta, ma comunque un’espressione artistica che viene dalla natura.