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Citizen Science. Lavorare a fianco dei ricercatori per aiutare la scienza a progredire. Il caso dell’Istituto Tethys: la conservazione dei mammiferi marini.

Intervista di Anna Magli a
Maddalena Jahoda, ricercatrice e responsabile della divulgazione scientifica di Tethys.

Citizen science (letteralmente la “scienza fatta dai cittadini”) è un modo di concepire la ricerca che si sta affermando in molti campi: indica la partecipazione di persone, non specializzate, a uno studio scientifico, una formula che sta dando risultati importanti in molti settori, dall’astronomia alla biochimica, alla tutela dell’ambiente. Attraverso appositi progetti ci si rivolge alle persone comuni, chiedendo la loro collaborazione, come avviene per le campagne di volontariato. Uno degli scopi principali è coinvolgere e sensibilizzare il grande pubblico nella ricerca.
L’origine della Citizen Science, che ancora non aveva questa definizione, risale al 1900 in Usa, con la National Audubon Society che promuove una campagna per censire le popolazioni di volatili. Dal 14 dicembre al 5 gennaio di ogni anno, gli appassionati di ornitologia si riunivano sotto la guida di un esperto per seguire il censimento, osservando e classificando le varie specie. La campagna è ancora oggi, dopo oltre un secolo, uno degli eventi più popolari per i birdwatcher.
La Citizen Science è diventata negli anni, anche grazie ad internet e alla tecnologia, molto popolare. Nella maggior parte dei progetti, volontari è richiesto solo l’uso di uno smartphone e di seguire le istruzioni dei coordinatori.

La definizione Citizen Science appare per la prima volta alla fine degli anni ’80 a seguito di un’altra iniziativa, sempre della Audubon Society, che coinvolse 225 volontari sparsi in tutto il Paese, per redigere una mappa che rilevasse i livelli di pioggia acida. I partecipanti dovevano raccogliere campioni di gocce piovane e inviarli alla Audubon, che li avrebbe poi analizzati e pubblicato i dati. La stessa procedura che avviene in qualsiasi progetto di Citizen Science.
Le esperienze di Citizen Science sono numerose e spesso relative al campo delle scienze naturali e della biodiversità – essendo questo l’ambito in cui inizialmente la Citizen Science è nata – ma anche su temi di carattere ambientale più generale, quali la misurazione delle emissioni di rumore, l’accertamento dell’inquinamento da plastica del mare, l’analisi tramite una app di immagini scattate da un telescopio , la rilevazione di maleodoranze degli impianti industriali, la mappatura dello stato ambientale del corso di un fiume; ma anche la coltivazione alcune varietà di legumi per fotografarne la crescita ed individuare nuove colture da diffondere.
Facendo una passeggiata in campagna, nei boschi o lungo i corsi d’acqua, andando in bicicletta o semplicemente vivendo la vostra vita quotidiana è possibile aiutare la ricerca nella raccolta dei dati.

L’Istituto Tethys ha scommesso fin dalla sua fondazione proprio sul coinvolgimento del pubblico per la raccolta dati. A differenza, però, della maggior parte degli altri progetti di Citizen Science, questo non richiede di fornire dati autonomamente via internet, bensì è molto più coinvolgente: consente, infatti, di partecipare di persona alle ricerche su balene e delfini in mare, fianco a fianco con i ricercatori. Non è richiesta alcuna esperienza precedente: i volontari collaborano con un team di esperti a bordo dell’imbarcazione da ricerca “Pelagos” oppure presso la base nel villaggio di Vonitsa, in Grecia, ed hanno l’occasione di vivere un incontro ravvicinato con delfini o balene.
In 35 anni di attività, Tethys ha coinvolto migliaia di volontari non specialisti provenienti da tutto il mondo, che hanno sponsorizzato la ricerca sui mammiferi marini e permesso di ottenere dati di importanza cruciale. L’Istituto Tethys onlus è un’organizzazione senza fini di lucro che ha promosso attività di ricerca e conservazione dei mammiferi marini, in particolare cetacei (balene e delfini), la foca monaca mediterranea e le tartarughe marine. Tethys è stato il primo a concepire e proporre la creazione di un’area protetta emblematica, il Santuario Pelagos per la Conservazione dei Mammiferi Marini del Mediterraneo. L’attività di Tethys con i volontari nella ricerca (crociere e basi su campo) è tra i programmi di Citizen Science di più lunga data del suo genere al mondo. Ne parliamo con Maddalena Jahoda, ricercatrice e responsabile della divulgazione scientifica di Tethys e autrice del libro “Balene salvateci ” (ed Mursia).

Come definirebbe, specificamente nel vostro caso, il programma di Citizen Science?

I progetti dell’Istituto Tethys che si avvalgono di questa formula sono due: il Cetacean Sanctuary Research nel mar Ligure e di Corsica e l’Ionian Dolphin Project nella Grecia ionica.
Farci aiutare dal pubblico è stata, fin dagli inizi, una strategia tanto insolita quanto efficace, fin dai tempi in cui a malapena la gente era disposta a credere che ci fossero balene e delfini anche nel nostri mari. Il grande fascino che questi straordinari animali esercitano è il punto di forza, su cui fare leva per sensibilizzare alla questione della tutela loro e del loro ambiente. Sembrava quindi giusto coinvolgere anche non-specialisti, quelli che oggi chiamiamo partecipanti di “citizen science”, letteralmente cittadini – scienziati.
Oggi sono sempre di più le minacce che incombono sui mammiferi marini, dall’inquinamento, sia chimico che acustico, alla cattura accidentale nelle reti da pesca, alle collisioni con le navi super veloci, alla perdita di habitat. Il nostro obiettivo è studiare in particolare le specie del Mediterraneo per poterle meglio tutelare.
I partecipanti del pubblico non solo ci permettono, in qualità di “sponsor” di essere in mare ogni estate a raccogliere dati preziosi, ma ci aiutano anche nel lavoro, condividendo con noi questa bellissima avventura.

Come individuare i vostri collaboratori nel programma di Citizen Science e quali caratteristiche sono indispensabili per essere scelti?

Di fatto chiunque può partecipare perché non occorre alcuna preparazione specifica, né esperienza pregressa. A bordo i ricercatori di turno si occupano di far sì che ognuno possa dare il proprio contributo; si tengono delle brevi lezioni, e in mare ognuno avrà il compito per cui si sente adatto. Insomma, si diventa biologi marini per una settimana a fianco degli esperti.
Quello che serve è entusiasmo, spirito di adattamento, questo sì, perché vivere in barca, anche se grande e comoda come la “Pelagos”, vuol dire condividere spazi e attività con altri. Bisogna ovviamente prenotarsi per tempo sul sito: Tethys
A bordo la lingua ufficiale è l’inglese, per molti una buona occasione per un ripasso. Ma anche in questo nessuno viene lasciato in difficoltà.

Esiste un range di età per partecipare?

Non ci sono limiti, ma i minorenni devono essere accompagnati. Abbiamo partecipanti davvero di tutte le età e di ogni Paese.

Quale solo i compiti che affidate ai collaboratori e quale peso ha il loro lavoro sul risultato finale della ricerca?

I compiti sono diversi secondo le priorità della ricerca del momento. Di sicuro ci sono sempre i turni di avvistamento perché i cetacei vanno innanzitutto trovati e per buona parte questo avviene semplicemente aguzzando la vista! Poi ci sarà chi misura l’intervallo tra i soffi di una balenottera, chi ascolterà, assieme all’esperto di bioacustica, i fischi dei delfini, chi aiuterà, la sera, a identificare il capodoglio che è stato fotografato quel giorno (con la foto-identificazione si possono riconoscere i singoli di individui: per esempio i capodogli dal profilo della coda).

Ci sono stati casi in cui il contributo di un volontario è stato determinante per la riuscita di un certo progetto?

Il nostro è soprattutto un grande lavoro di squadra. Che però ha portato e porta a grandi risultati. Ad esempio è stato grazie alle crociere dei primi anni che i ricercatori di Tethys hanno dimostrato che il Mediterraneo nord-occidentale è una zona fondamentale per i cetacei; sulla base di questo Tethys è stato anche il primo proponente di quello che oggi è il Santuario Pelagos, una grande area marina protetta, transnazionale, per la tutela di balene e delfini.
Ma c’è un’altra cosa che secondo me è determinante: il nostro obiettivo non è solo la ricerca, ma anche la sensibilizzazione. Vedere i delfini a fianco della barca, avvistare una balenottera, insomma vivere questa esperienza in prima persona, vuol dire non scordarla mai più e imparare molto più che su mille libri. In oltre 30 anni abbiamo portato coi noi in mare più di 6800 persone. E ogni citizen scientist che si aggiunge è un granello in più a favore della sopravvivenza e del futuro di un ambiente meraviglioso come il mare, un ambiente che non possiamo permetterci di perdere!