+39 3533176032
Iscriviti alla newsletter


All’ Ispra di Ozzano dell’Emilia, studi sulla biodiversità e sulla conservazione della fauna.
Un’ attività di importanza strategica.

Intervista di Anna Magli a Lorenzo Serra, responsabile dell’Area per l’Avifauna migratrice.

Il nostro Paese vanta un patrimonio faunistico tra i più rilevanti in Europa, un importante contributo, in termini di ricchezza e abbondanza, alla biodiversità. Questo prezioso patrimonio mostra comunque parecchie criticità. Se da una parte si è assistito all’incremento numerico di molte specie di vertebrati, dall’altro una parte rilevante degli stessi è ancora oggi minacciata. Le principali cause sono la distruzione e la frammentazione degli habitat, l’inquinamento, i cambiamenti climatici, l’introduzione di specie aliene invasive, il bracconaggio ed il commercio di specie selvatiche, le attività di caccia e pesca non sostenibili. L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ISPRA, nell’ambito del suo mandato istituzionale, porta avanti delle linee di attività che hanno come obiettivo la conservazione della fauna selvatica intesa come azioni di tutela e di gestione del patrimonio faunistico. Per assicurare questi compiti ISPRA svolge, in modo coordinato e integrato, attività di valutazione tecnica, di studio e monitoraggio delle dinamiche delle popolazioni selvatiche comprese le migrazioni, di analisi degli aspetti di eco-epidemiologia della fauna, di genetica della conservazione e di consulenza attuata mediante l’espressione di pareri su tematiche di gestione faunistico-venatoria indicate dalla normativa vigente. La sede ISPRA di Ozzano dell’Emilia, in provincia di Bologna, è specializzata nello studio e nella conservazione della fauna selvatica. Scopriamo quali sono le attività che sono svolte nel centro insieme a Lorenzo Serra, responsabile dell’Area per l’Avifauna migratrice.

Quale è l’attività principale della sede Ispra di Ozzano? Si svolgono solo localmente o anche a livello nazionale?
La sede di Ozzano è il centro di un’intensa attività di ricerca e monitoraggio sulla fauna selvatica italiana che viene svolta in collaborazione con altri enti di ricerca e università, molto spesso con il supporto del sistema delle aree protette. Le attività possono svolgersi su scala locale o nazionale, ma sempre in un’ottica di demografia ed ecologia di popolazione animale che non segue e non si limita ai confini amministrativi di una regione o di una nazione. Oltre all’attività di ricerca, di grande rilevanza è l’attività di consulenza in campo faunistico che viene svolta a supporto delle amministrazioni locali e del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. I principali temi trattati dall’attività di consulenza riguardano i calendari venatori, i prelievi selettivi di ungulati e galliformi alpini, la valutazione delle richieste di deroga dal rigoroso regime di tutela delle specie animali previsto dalle Direttive Habitat e Uccelli e dalla norma nazionale (L. 157/92), la gestione di conflitti di natura economica e di accettazione sociale tra l’uomo e grandi carnivori come l’orso e il lupo, la gestione e controllo con finalità eradicativa di specie aliene invasive animali e vegetali di rilevanza unionale e l’attività di supporto tecnico-scientifico su aspetti sanitari.
Inoltre, nell’ambito delle attività inerenti alla gestione della fauna, ISPRA produce piani di gestione e piani d’azione di specie animali e vegetali, piani faunistico-venatori, reportistica comunitaria, documenti tecnici e linee guida. Queste pubblicazioni sono spesso il frutto di collaborazioni tra strutture dell’Istituto ed altri enti e contribuiscono a definire strategie per la conservazione del patrimonio naturale e della biodiversità.
La Costituzione italiana, recentemente integrata all’articolo 9, recita: «Gli animali sono esseri senzienti e la Repubblica ne promuove e garantisce la vita, la salute e un’esistenza compatibile con le proprie caratteristiche etologiche». Questa è la migliore sintesi di ciò che ispira le nostre attività e il nostro lavoro.

Quale fauna selvatica è risultata più colpita dalla scomparsa dei loro habitat naturali?
Le specie legate alle zone umide e agli ambienti agricoli sono quelle che hanno subito i più forti impatti. Tra gli ambienti naturali italiani, le zone umide hanno infatti subito il maggior decremento in termini di superficie per le opere di bonifica del secolo scorso. Oggi abbiamo una vasta rete di aree protette che tutela le zone umide rimaste, ma considerato l’elevatissimo valore ecosistemico di queste aree, la loro funzionalità è comunque compromessa.

Quali specie invece sono scomparse o sono state messe in pericolo a causa dei predatori alieni?
Le specie acquatiche sono probabilmente quelle che hanno subito maggiormente l’impatto delle specie aliene. Pesci e anfibi, ad esempio, subiscono pesantemente la predazione da parte del gambero della Luisiana e di altre specie di pesci introdotti per la pesca sportiva nei corsi d’acqua. Più che la predazione però, è la competizione per le risorse il fattore di maggiore preoccupazione con l’introduzione di specie aliene, si pensi ad esempio al caso dello scoiattolo rosso europeo e dello scoiattolo grigio americano.

Che tipo di fauna è in aumento e per quali meccanismi di riproduzione?
Volendo generalizzare, sono in aumento le specie autoctone o aliene che sono in grado di utilizzare gli ambienti semplificati, poveri di biodiversità, come le monocolture intensive. E sono in aumento le specie sinantropiche che riescono a utilizzare risorse trofiche messe a disposizione dall’uomo, ad esempio alcune specie di corvidi. Aumentano anche le specie legate agli ambienti forestali, come gli ungulati e i loro predatori, il lupo in primis.

Oltre a lupi e cinghiali quali altre specie stanno creando problemi di convivenza per il loro aumento?
Lupi, orsi, cinghiali e altri ungulati sono le specie in maggior evidenza, per l’elevata visibilità dei conflitti che generano. Pensiamo anche soltanto agli incidenti stradali causati dagli ungulati o all’impatto sull’economia determinato dalla diffusione della peste suina nel cinghiale. Altre specie, tuttavia, possono avere una elevata conflittualità. I gabbiani reali in ambiente urbano, ad esempio, possono essere causa di forti contrasti per il disturbo che causano durante le fasi riproduttive e per il comportamento aggressivo nei confronti di persone e animali domestici. Senza considerare gli aspetti sanitari dati dalla stretta convivenza in ambienti urbani. Anche specie che non sono in aumento a livello di popolazione, come lo storno, creano grandi disagi quando si concentrano in ambiente urbano. La lezione che dobbiamo apprendere è che i conflitti nascono quasi sempre da una alterazione della disponibilità spaziale e temporale delle risorse trofiche o ambientali e che solo attraverso il controllo delle risorse si ottengono risultati visibili sulle popolazioni. Interventi diretti sulle popolazioni, come il controllo numerico, possono avere solo un’efficacia momentanea ma non risolvono i problemi, anzi spesso li amplificano sul lungo periodo.

I vostri laboratori sono un punto di eccellenza nazionale nell’ambito della ricerca genetica. Che tipo di attività svolgete?
Nei laboratori dell’Area per la Genetica della Conservazione ci occupiamo dello studio delle specie selvatiche, in particolare di quelle di interesse conservazionistico o gestionale. Numerosi progetti di monitoraggio genetico ventennali che riguardano orso, lupo e gatto selvatico; studi che riguardano la variabilità genetica di tante specie di uccelli, mammiferi e anfibi e che evidenziano le conseguenze della frammentazione degli habitat sulle popolazioni; attività inerenti al problema dell’ibridazione di specie selvatiche con domestiche o alloctone (cinghiale, trota, lupo, gatto selvatico, colombo selvatico). L’esperienza trentennale maturata in questo ambito ci permette di svolgere attività forense per fornire supporto agli organi di controllo nell’ambito di indagini su crimini contro la fauna.

Quali sono i progetti LIFE su cui state lavorando ora?
Sono davvero molti i progetti LIFE ai quali partecipiamo o abbiamo partecipato, i LIFE sono lo strumento più importante per la conservazione attiva dell’ambiente in Europa. L’Area per la Genetica della Conservazione, sta seguendo il progetto Life STREAMS sul recupero delle popolazioni di trota mediterranea, specie minacciata dalla diffusione della trota atlantica. Assieme all’Area BIO-CFN è coinvolta nella realizzazione del progetto LIFE Perdix. Si tratta di un progetto di recupero della Starna, una specie virtualmente estinta sul territorio nazionale che si tenta di recuperare nel territorio delle valli del Mezzano (FE) attraverso l’immissione massiva di soggetti geneticamente selezionati da aplotipi derivanti da soggetti preesistenti.
L’area per l’Avifauna migratrice ha appena concluso tre importanti progetti LIFE dedicati alla conservazione degli uccelli rapaci (Life FALKON, Life Egyptian Vulture e Aquila a-LIFE).
Una serie di ben otto LIFE incentrati sul tema del ripristino della naturalità delle piccole isole italiane ha impegnato l’Area per l’epidemiologia, l’ecologia e la gestione della fauna stanziale e degli habitat a partire dal 1998. Inizialmente focalizzate sull’eradicazione del ratto nero in quanto fattore limitante per le popolazioni di alcune specie minacciate di uccelli marini, le attività hanno progressivamente riguardato un maggior numero di taxa alieni, dal gatto domestico inselvatichito al fagiano comune, mettendo a punto efficaci forme di monitoraggio basate su nidi artificiali, attrazione acustica, fototrappole e termocamere. Due nuovi progetti stanno attualmente decollando in questo settore, il LIFE Tetide e il LIFE MareNatura. Basati entrambi su collaborazioni internazionali, permetteranno di capitalizzare i risultati ottenuti nelle colonie già derattizzate in funzione della tutela di vasti comprensori marini.

In quale modo collaborate con Cites?
Dal 1999 l’Area per la Genetica della Conservazione svolge attività continuativa finalizzata all’identificazione dei traffici illegali mediante analisi genetiche volte a comprovare la legale detenzione in cattività degli esemplari protetti dalla Convenzione di Washington. L’attività, per conto del MASE, attualmente in corso, prevede l’analisi di qualche migliaio di campioni ogni anno e ha portato alla creazione di una biobanca di oltre 18.000 campioni biologici con oltre un centinaio fra specie e sottospecie di pappagalli, rapaci, rettili e mammiferi.
ISPRA è inoltre presente all’interno della Commissione Scientifica CITES con un Commissario identificato fra i propri dipendenti.
Oltre ai laboratori anche la collezione zoologica che si trova presso la sede ISPRA di Ozzano è accreditata CITES.

Come sta procedendo il progetto Biodiversa sugli ibridi di lupo?
Dal 17 al 19 ottobre scorso si è svolto a Gelnhausen, Germania, il primo workshop per definire le linee guida condivise sulla definizione di ibrido e sulle tecniche ottimali finalizzate all’identificazione degli eventi di ibridazione recenti e passati. Le attività attualmente in corso riguardano uno studio approfondito del genoma di alcuni esemplari ibridi da diverse località europee per identificare una correlazione tra varianti genetiche e varianti morfologiche o comportamentali negli esemplari ibridi.

A cosa servono i corsi di inanellamento e a chi sono diretti?
L’inanellamento degli uccelli è una tecnica di marcaggio dell’avifauna che permette di identificare individualmente gli animali attraverso l’apposizione di anelli alle zampe. Gli anelli sono numerati con codici alfanumerici e permettono di studiare i soggetti marcati durante l’intero corso della loro vita. L’ISPRA coordina e gestisce attraverso il Centro italiano di inanellamento degli uccelli l’attività di cattura e marcaggio in Italia e si coordina con gli altri centri europei attraverso l’EURING. L’attività consiste quindi nella cattura e nel marcaggio degli uccelli nell’ambito di specifici progetti di studio, secondo protocolli standardizzati che prevedono anche la raccolta di dati morfometrici, genetici e fisiologici. Una parte degli uccelli marcati viene ricatturata negli anni successivi, fornendo così informazioni sui movimenti migratori e su altri parametri demografici utili allo studio delle popolazioni. I dati raccolti confluiscono nella banca dati ISPRA dell’inanellamento e in quella europea dell’EURING e sono disponibili per tutti i ricercatori che ne fanno richiesta. Per condurre progetti coordinati e ottenere dati uniformi è necessario formare del personale tecnico in grado di seguire i medesimi protocolli e garantire i medesimi standard di qualità. A tal fine, l’ISPRA organizza corsi di formazione per persone che vogliono diventare inanellatori e partecipare ai progetti di inanellamento ISPRA in qualità di collaboratori volontari. Il percorso per diventare inanellatore è molto lungo e impegnativo. Prima di poter sostenere le prove d’esame finali, è necessario aver partecipato all’attività di inanellamento presso due tutor per almeno due anni e aver preso parte al corso di formazione. Per iniziare questo percorso bisogna avere un’ottima conoscenza dell’avifauna italiana ed europea a livello di identificazione delle specie, grandissima passione e tanto tempo libero. Non si richiede uno specifico percorso di studi, anche se i laureati in scienze naturali, biologiche e ambientali sono la maggior parte dei giovani inanellatori.