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Quando è la pecora a travestirsi da lupo.

Intervista di Anna Magli a Federico Tettamanti, biologo e titolare di Studio Alpino.

Con l’aumento della popolazione di lupi e il reiterarsi degli attacchi, sempre più frequenti, registrati in molte parti di Italia– sia a bestiame che ad animali domestici – in molti si sono chiesti se ci fosse la possibilità di tener lontano i predatori senza dover ricorrere a metodi estremi. L’idea è venuta a due biologici del Canton Ticino, uno specializzato in etologia e l’altro in chimica. Federico Tettamanti e Davide Staedler da due anni lavorano a un progetto innovativo che potrebbe aiutare gli alpigiani a convivere con il lupo. Si tratta della creazione di una barriera olfattiva per far sì che il lupo non si avvicini alla preda. La barriera si colloca direttamente addosso alla possibile vittima, facendogli indossare un collare. Ne parliamo con Federico Tettamanti della società Studio alpino.

Questa vostra idea, che da oggi diviene di massima attualità visto il ripetersi degli attacchi di lupi in tutto il territorio, da dove è nata?
Da una richiesta specifica. Ci sono alpigiani che ci chiamano e dicono che siamo la loro ultima speranza. Ogni attività economica presenta rischi imprenditoriali, ma quella dell’alpigiano, nel giro di pochi anni, è radicalmente cambiata a causa del lupo. A pagare lo scotto maggiore sono i piccoli allevatori che non possono permettersi un pastore. La situazione è tesa.

C’è stata un’esperienza diretta che vi ha portato a studiare questa soluzione?
La mia esperienza nella gestione dei grandi carnivori nell’amministrazione cantonale in Svizzera (FT) e anche l’esperienza in alpeggi (con mucche da latte) e il contatto stretto con diversi allevatori (sono anche casaro d’alpe) mi ha aiutato a pensare a qualcosa di concreto per aiutare gli allevatori di montagna. Dunque le conoscenze etologiche e biologiche della fauna selvatica e le conoscenze chimiche di Davide Staedler, TIBIO Sagl (DS) ci hanno permesso di creare e brevettare questo sistema innovativo.

Quanto ha influito la vostra esperienza in etologia per l’individuazione di questo dispositivo?
Moltissimo. L’idea è partita proprio pensando alla comunicazione tra individui e le interazioni di individui della stessa specie tra di loro. Che ci ha portato a trovare questa idea che speriamo possa veramente essere positiva e utile all’economia alpestre e all’agricoltura in generale. Prima di andare in natura abbiamo fatto test negli zoo perché molto siamo alla presenza di un animale come il lupo che è intelligente ed è difficile da ingannare. Il risultato è stato interessante: i lupi non si avvicinavano e rifiutavano anche di mangiare la carne, in cui erano presenti i ferormoni. Avevano identificato un territorio ostile presidiato già da altri esemplari.

Com’è fatto il collare, di che materiale? Come sprigiona feromoni?
Il collare si divide in un box di 6×6 cm che viene stampato con una stampa 3D. questo box si può così applicare sul collare degli animali (se portano un collare con la campana per esempio). In questo box viene inserita una tasca prodotta in laboratorio che contiene una miscela di feromoni impregnati in una cera. Questo permette ai feromoni di essere rilasciati sull’arco, al momento, di 3 mesi.

Qual è la reazione del lupo all’odore dei loro stessi feromoni? Che messaggio recepiscono?
Quando un lupo marca un territorio, lascia al suolo con gli escrementi o con l’urina una moltitudine d’informazioni per i suoi simili. Noi abbiamo selezionato 3 molecole che indicano “la proprietà”. Vuol dire che quando altri lupi sentono quest’odore deviano e non oltrepassano questa barriera virtuale.

Non c’è pericolo che il lupo si abitui ai ferormoni e quindi ad un certo punto non siano più efficaci?
Questo è un problema che sorge spesso con i lupi, vista la loro spiccata intelligenza e capacità ad abituarsi alle nuove situazioni. Solo i test in natura ripetuti su più anni potranno dare una risposta. Quello che mi sento di dire però è che noi usiamo delle molecole che sono evolute con il lupo e che il lupo conosce da sempre. I feromoni si sono evoluti con la specie e dunque ritengo che possa non avere quest’assuefazione così rapida come succede con altri sistemi.

Il collare è risolutivo per il problema delle aggressioni o deve essere parte di una strategia più ampia?
Noi siamo sempre stati chiari: questa non è la pozione magica e non è la soluzione a tutti i mali. Il nostro obiettivo, quando abbiamo cominciato a utilizzare in natura questa nostra invenzione, è quello di ridurre almeno del 50% le predazioni. Per ora sembra, in alcuni alpeggi, che l’obiettivo sia stato raggiunto. Tutte le misure di protezione non letali (come la nostra) devono, per forza di cose se vogliamo raggiungere una convivenza con la fauna selvatica delle nostre attività, essere accompagnate da una gestione della specie.

Al momento in quali zone state sperimentando il collare?
Nell’estate 2023 abbiamo utilizzato il collare a feromoni prevalentemente sulle Alpi Svizzere (in totale su 25 aziende). 1 azienda lo sta testando nella zona di Alpago (Belluno). Ora abbiamo un’azienda in Austria che ha acquistato alcuni collari e li stiamo testando anche lì. Inoltre in Italia stiamo valutando dei test in Lessinia e in Toscana.

Se il collare darà nel tempo i risultati auspicati, sarà possibile realizzare lo stesso prodotto su una misura che possa andare bene anche agli animali domestici, visto i numerosi attacchi che hanno subito anche cani e gatti?
Certamente. Abbiamo già ricevuto delle richieste a riguardo, dovremo modificare leggermente la grandezza del collare ma sicuramente sarebbe interessante testarlo anche su questi animali.