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VAIA. Dagli scarti della tempesta la rinascita del bosco icona delle Dolomiti.

Intervista di Anna Magli a
Federico Stefani, co-fondatore di Vaia.

Tutti si ricordano di come, alla fine di ottobre 2018, la tempesta Vaia abbia messo in ginocchio le Dolomiti: in poche ore 42 milioni di alberi sono stati abbattuti dalle sferzate di un vento inarrestabile e di una pioggia devastante. Da questa tragedia e dall’idea di un ragazzo nascono un’azienda e un’iniziativa di grande valore ambientale. Federico Stefani ha un idea semplice ed efficace: realizzare un oggetto bello da vedere, utile e facile da riconoscere, a partire da quel legno che per molti è stato considerato come uno scarto e restituire al territorio una parte di ciò che ha perduto e, insieme, risvegliare la coscienza collettiva sul cambiamento climatico in atto. A settembre 2019, insieme a Paolo Milan e Giuseppe Addamo nasce ufficialmente VAIA, con la missione di realizzare oggetti unici e iconici.

Federico, quando hai capito di poter portare a compimento il tuo progetto e quali sono le difficoltà logistiche e burocratiche che hai incontrato sulla tua strada, soprattutto in merito di legno che probabilmente apparteneva allo Stato.

Abbiamo lavorato direttamente con i boscaioli e le segherie locali per il recupero e la valorizzazione del legno, abbiamo cercato fin da subito di far sentire parte ogni artigiano del progetto. Tante piccole realtà che insieme potessero creare un impatto autentico per le proprie comunità. Sicuramente la gestione di una startup ci ha messo di fronte a tutti gli adempimenti burocratici e la complessità di un sistema pubblico che non si fida dell’impresa. Quando invece dovrebbe essere esattamente il contrario. Ad oggi lavoriamo con 12 piccoli artigiani locali ed è un grande motivo d’orgoglio.

Come vi siete diretti sulla scelta di una cassa amplificatore. E’ stata una scelta dettata dalla dimensione del legno da utilizzare o c’è dietro un percorso creativo particolare?

L’idea di amplificare la rinascita di questi territori, amplificare l’idea che insieme possiamo sentirci parte di un team, amplificare un nuovo modo di fare impresa. Mio nonno Giuseppe aveva costruito un oggetto molto simile a VAIA Cube e ne ero particolarmente legato. Quando ho pensato alla metafora dell’”amplificare” questo oggetto era come per magia l’oggetto perfetto.

Nella vostra missione si dice che il progetto racchiude l’energia di una rinascita, valorizzando la materia prima e collaborando con le comunità locali . Come è stato l’impatto con i locali e quale tipo di benefit hanno ricevuto dalla vostra impresa?

All’inizio non è stato semplice, gli artigiani guardavano con sospetto questo progetto. La lavorazione del legno si associa alla realizzazione di tavoli, sedie e i soliti oggetti classici ma quando gli artigiani hanno visto il nostro oggetto non lo capivano. Dopo tante ricerche ho trovato il nostro primo artigiano Giorgio con cui abbiamo disegnato VAIA Cube che oggi è l’oggetto che conoscete. Abbiamo creato posti di lavoro e permesso che le comunità beneficassero del progetto. Dal recupero appunto, al supporto del lavoro artigiano, sino alle varie piantumazioni a cui invitiamo sempre le comunità locali per mostrare loro che cosa possiamo realizzare insieme.

Che parte occupa nel vostro progetto globale la restituzione di valore al territorio e la comunicazione per sensibilizzare sui temi ambientali? Con che modalità lo realizzate?

Gran parte del nostro lavoro è coinvolgere le persone in un nuovo modo di sentirsi comunità. Gli eventi di piantumazione sono sempre pubblici ed ognuno può partecipare, parliamo nelle scuole e coinvolgiamo le nuove generazioni. Raccontare VAIA è molto semplice ma efficace perché concreto ed immediato. Passiamo da piccoli laboratori alle elementari fino ai Master più complessi in Italia e all’estero dove il nostro business model è preso come best practice.

Recentemente avete realizzato una partnership partnership con il FAI – Fondo Ambiente Italiano. In cosa consiste?

Viviamo in un mondo dove acquistiamo milioni di oggetti senza renderci conto di che cosa abbiamo realmente bisogno. Non sappiamo il grande lavoro che c’è dietro un oggetto, e quanti volti e mani lo hanno realizzato. Con i nostri oggetti vogliamo raccontare questi volti e riconnettere le persone con oggetti autentici che raccontino storie, e la visione di una società possibile, bella, inclusiva. Quando abbiamo pesnato al Black Friday e alla logica degli sconti abbiamo voluto partecipare con il nostro stile.
Acquistando due oggetti VAIA non si spenderà meno ma abbiamo deciso di dare in omaggio due biglietti per i 54 beni FAI aperti al pubblico in tutta italia. L’idea di associare i nostri oggetti, la nostra mission accanto alla bellezza culturale e artistica del nostro paese. Il FAI rappresenta per noi l’esempio della capacità di creare valore dalla nostra storia in modo inclusivo creando esperienze, cultura e incontro tra persone.

Con VAIA Focus invece avete finanziato lo studio dei ghiacciai (con l’Università Ca’ Foscari) e missioni di clean-up alpino (con Summit foundation) e di recupero dei teli geotessili (con Glac-Up). Potete spiegarci meglio queste collaborazioni?

Ogni oggetto VAIA porta con sé un’azione ed un modo di vedere il mondo. Siamo passati dall’amplificare il suono ad amplificare l’immagine, amplificare la visione che vogliamo dare al nostro operato. Focus è creato con una lente antica di 200 anni che è l’emblema della capacità dell’uomo di creare innovazione ed uscire dagli schemi con la creatività e la propria intelligenza. Con questo oggetto oltre che recuperare sempre il legno della tempesta Vaia abbiamo scelto di affrontare la questione dei ghiacciai e del clima. Sappiamo che entro 100 anni i ghiacciai alpini non esisteranno più. Abbiamo perciò scelto di fare il packaging di FOCUS con il telo geotessile dei ghiacciai Alpini che ci fornisce la startup Glac-up, un telo che dopo tre anni si smaltisce negli inceneritori, noi lo abbiamo riutilizzato in modo creativo. Finanziamo anche IceMemory e Summit Foundation. IceMemory studia i ghiacciai per capire come si evolverà il clima in futuro mentre Summit Foundation si occupa di clean up e gestione dei rifiuti in alta quota. Affiancarci a queste realtà e occuparci di ghiacciai alpini, fare piantumazione e occuparci delle sfide di oggi a 360 significa per noi occuparci di sostenibilità in modo serio e non seguire i trend.