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Il nostro passato ritorna dal mare. La missione di Archeoplastica.

Intervista di Anna Magli a
Enzo Suma, guida naturalistica a Ostuni (Br) e fondatore di Millenari di Puglia
e Direttivo del Festival

Intervista ad Enzo Suma, guida naturalistica a Ostuni (Br). E’ fondatore di Millenari di Puglia una realtà dell’alto Salento impegnata nella fruizione e nella valorizzazione del territorio, nell’educazione ambientale e nel volontariato naturalistico. E’ anche il fondatore del progetto Archeoplastica, un sito web che offre un’esposizione online – ma anche reale e itinerante- del materiale plastico rinvenuto sulle spiagge pugliesi. Si tratta di oggetti che tornano dal passato, vecchi anche di oltre 50 anni, che vengono esposti come monito per ricordarci di adottare comportamenti più etici.

Già nella premessa del suo sito, Enzo Suma chiarisce quali sono gli obiettivi del progetto Archeoplastica, dichiarando che lo stesso ha la sola finalità etica di sensibilizzare sul tema dell’inquinamento da plastica dei mari e, nello specifico, dalla scorretta gestione del fine vita della stessa. Non sussiste, infatti, alcuna volontà da parte di Archeoplastica di accusare e denigrare le aziende produttrici dei prodotti rinvenuti in mare e presenti nel museo virtuale sul sito e in mostra in altri contesti espositivi italiani: non si vogliono demonizzare le aziende produttrici ma solo dimostrare, attraverso l’archeologia dei contenitori abbandonati in mare da decenni, come la plastica sia un materiale talmente indistruttibile da sopravvivere fino a diventare una capsula del tempo che racconta molto del nostro passato.

Qual è la storia del progetto Archeoplastica?
Sono da sempre molto legato al mare e lo vivo nella sua interezza anche in inverno. Ed è proprio questa la stagione in cui il mare, libero da bagnanti e imbarcazioni, rivela le proprie debolezze, come restituire rifiuti che rimangono sulla spiaggia mentre in estate si provvede immediatamente a raccoglierli. Faccio da sempre la raccolta e la differenziazione dei rifiuti sulle spiagge e qualche tempo fa ho rinvenuto una bomboletta Ambra Solare, con il prezzo ancora in lire, che ha suscitato me un nuovo interesse. Sono rimasto colpito ma anche affascinato da quel reperto, ancora in ottimo stato. Attratto e allo stesso tempo inorridito dal fatto che era in mare da decenni e che, come questo, chissà quanti altri ce ne erano in giro. Ho cominciato a raccogliere questi reperti e a postarli sui social per cercare e condividere informazioni su quale avrebbe potuto essere la loro origine ma anche sollecitare ragionamenti sul tema della plastica. Ho trovato tante persone incuriosite e interessate a quest’argomento. Un po’ alla volta le pagine FB e Instagram create per mostrare questi reperti, le stesse pagine che hanno raccolto anche considerazioni, idee e riflessioni sul tema dell’inquinamento dei mari, hanno generato il progetto Archeoplastica che prevede la creazione di un sito, già online, che presenta un museo virtuale dei reperti e una piattaforma digitale per visite agli oggetti riprodotti in 3D. A completamento di quello che considero un vero progetto di educazione ambientale, ho pensato a un percorso itinerante di esposizione nelle scuole ma anche in luoghi museali, cui affiancare una produzione di materiali divulgativi di tipo scientifico, con una sezione informativa dedicata anche sul sito. Per fare questo ho lanciato un’operazione di crowfounding, che ha raccolto quasi diecimila euro, che è servita per la creazione del sito e del museo virtuale in 3D.

A che punto è la raccolta?
La raccolta si è conclusa alcuni mesi fa e mi ha permesso di far partire il progetto. Attraverso le persone che hanno partecipato, di cui molte già conosciute negli anni per il mio impegno di educatore ambientale, ho raccolto quanto era necessario per creare il sito, i rendering in 3D di alcuni reperti, ideare le prime mostre itineranti. Avevamo già fatto alcune mostre dei reperti più importanti nelle scuole e altre in vari contenitori espositivi in Puglia: con i mezzi dei crowfounding Archeoplastica è entrata in una seconda fase, più matura, che ha previsto la collaborazione di partner importanti e di primo livello. Dal 26 novembre al 5 dicembre 2021, Archeoplastica ha esposto a Bari, nella sala del teatro Kursaal Santa Lucia in occasione del Festival della sostenibilità ambientale “Io Scelgo Il Pianeta” organizzato da Cime in collaborazione con National Geographic e Rai Documentari. Successivamente, visto il grande apprezzamento di pubblico, Archeoplastica ha esposto al teatro Margherita di Bari in occasione della Mostra “Planet or Plastic?” di National Geographic. Attualmente Archeoplastica è in mostra a Pisa nel celebre Palazzo Blu all’interno della mostra OCEANI ULTIMA FRONTIERA sempre di National Geographic.

Fra le emozioni che suscitano le foto e le rielaborazioni in 3D dei reperti, c’è anche quella della nostalgia, del riscoprire questi contenitori vintage che richiamano alla memoria ricordi di infanzia. Un valore di riscoperta che coinvolge anche un certo design che ha fatto la storia del packaging.

Infatti, Archeoplastica si presta a essere collegata a vari aspetti. Questo ci permette poi di coinvolgere sia i bambini, per i giocattoli di plastica che rinveniamo, sia le persone più adulte che magari rivedono con nostalgia certi oggetti. Il messaggio che deve passare, anche in maniera un po’ subdola, fa leva sulle emozioni e sui ricordi, ed è sempre quello della necessità di riflettere su certi modelli di consumo che si traduce negli spiaggiamenti di tantissima plastica. Tutti gli oggetti che raccogliamo hanno a che fare con il nostro stile di vita: flaconi di shampoo, prodotti di bellezza, per la pulizia della casa, tutto materiale legato all’usa e getta, al monouso. Come è stato detto da alcuni, si potrebbe tranquillamente ripercorrere la storia del design industriale italiano, perché fra i reperti troviamo flaconi di forme di ogni tipo, a seconda del periodo. Quest’anno abbiamo mancato per pochissimo un’esposizione di alcuni reperti storici alla Settimana del Design di Milano ma non escludiamo di andarci in futuro.

Fra tutte le storie che raccontate sul sito, colpisce quella degli orsetti di plastica raccolti negli anni su alcune spiagge pugliesi.
Anche questo ritrovamento, come altri casi, è stato oggetto di una ricerca di riconoscimento molto approfondita. Abbiamo indagato e alla fine quello che ne è venuto fuori è che questi flaconi non sono propriamente vecchi, possono avere al massimo 20 anni, ma la loro misteriosa storia ha appassionato noi e tante persone che sui social ci hanno consentito di riunire tutti i fili del mistero e ricostruire questa strana vicenda. Dopo aver cercato a lungo una pista concreta, abbiamo deciso di coinvolgere i followers della pagina Instagram di Archeoplastica. Le risposte non sono tardate ad arrivare. Molti inizialmente ci hanno scritto convinti si potesse trattare di un noto ammorbidente ma poi sono emersi altri elementi interessanti. Durante le ricerche una ragazza ci ha segnalato la presenza sulla costa salentina di uno di questi orsetti di colore rosa, versione da 2 litri e quando il giorno dopo siamo andati a verificare di persona l’orsetto era ancora lì. Sull’etichetta si leggeva solo una P iniziale. Un indizio fondamentale risolto poi da una ragazza di origini albanesi con uno zio che ha avuto un negozio di detersivi in Albania. E così ne abbiamo scoperto il nome completo: ammorbidente Prime Soft. Nel frattempo, grazie ad una persona che ci segue da tempo, siamo entrati in contatto direttamente con il papà dell’orsetto, il designer brasiliano che l’ha ideato: Ricardo Ferreira. Attraverso messaggi privati Ricardo ci ha spiegato che il flacone inizialmente è stato creato in Brasile nel 1997 per essere poi lanciato in Messico ma ha avuto un tale successo che poi è stato prodotto in Europa con vari nomi. Nel 2001 era già in commercio in Albania. Questo è il motivo per cui i ritrovamenti degli orsetti riguardano solo il territorio pugliese. Per altri reperti ci sono volute ricerche lunghe e soprattutto molte felici intuizioni da parte di persone che ci seguono da anni e che si sono appassionate alla ricerca delle origini dei reperti. Un’altra interessante scoperta è stata quella riguardante un reperto, ribattezzato “il clown”, che non riuscivamo a collegare a nessun prodotto. Si trattava di un contenitore assolutamente anonimo, salvo il nome del produttore greco del recipiente di plastica. Abbiamo scoperto che non si trattava di un clown ma di un personaggio in stile Pierrot, un ragazzino chiamato Fino, che dagli anni 50 ha caratterizzato i vasetti di miele dell’ azienda Attiki; questo flacone conteneva infatti miele, come ha confermato l’azienda greca che ci mostrato come era in origine. Questo particolare contenitore è stato prodotto dal 1960 al 1969 e venduto solo in Grecia. Come tappo aveva un cappello a forma d’imbuto da dove usciva il miele. Abbiamo potuto risolvere il mistero grazie all’intuizione di una follower di Instagram che durante una ricerca sui vasetti di miele greco si è accorta della somiglianza del disegno del personaggio Fino con il nostro flacone, sia nei lineamenti del volto che nella gestualità. Da questa traccia è stato possibile risalire a un video dell’azienda in cui compare questo flacone. Ci è sembrato doveroso ringraziare l’azienda Attiki per la grande disponibilità mostrata nel fornirci le informazioni che ci hanno permesso di ricostruire la storia del reperto.

Durante le raccolte hai trovato anche dei giocatoli antichi?
Io raccolgo qualsiasi tipo di giocattolo che trovo e che poi utilizzo poi per i laboratori che faccio con i bambini. Per il progetto Archeoplastica però ho trovato un giocattolo veramente datato, un Barbapapà prodotto nel 1974, attualmente in esposizione a Pisa. Negli anni di permanenza in acqua si è formata una patina di concrezioni realizzate da piccoli organismi marini e la gomma è diventata dura.

Progetti futuri per Archeoplastica?
Intendiamo continuare sempre in questa direzione con la stessa passione e lo stesso entusiasmo. Mettere in mostra gli oggetti, rendere pubblico il più possibile il nostro progetto con tutti gli strumenti social, adesso oltre a Instagram abbiamo anche Tik Tok, ed esporre dal vivo con mostre reali: desideriamo che i reperti possano raccontare la sofferenza del nostro mare. Che tutti sappiano che il Mar Mediterraneo è attualmente considerato una delle regioni al mondo più colpite per quanto riguarda le microplastiche.
Il messaggio è anche quello di educare più persone possibili, di diverse fasce di età, a un consumo consapevole e soprattutto sostenibile della plastica. Il problema dell’inquinamento da plastica è una questione sociale e comportamentale, le cui cause devono essere ricercate soprattutto a monte nella catena dei consumi.

Per saperne di più:
www.archeoplastica.it