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Con ClimOP alla ricerca di un futuro più verde anche per il trasporto aereo.

Intervista di Anna Magli ad
Alessandra Tedeschi, a capo del settore Ricerca & Sviluppo di Deep Blue.

Negli ultimi decenni il trasporto aereo è diventato sempre più centrale nelle nostre vite: viaggiamo per lavoro, piacere o studio e lo facciamo coprendo distanze sempre più lunghe e via via con minori difficoltà. In futuro, potremmo farlo anche inquinando di meno grazie a un progetto finanziato dall’Unione europea cui partecipa anche il nostro Paese. Si chiama ClimOP ed è coordinato dalla società italiana Deep Blue, PMI leader in progetti di ricerca e innovazione a livello europeo e in attività di consulenza per il settore aviazione. Il progetto ha l’obiettivo di individuare quali aspetti di tutte le attività che riguardano i voli (quindi non solo il viaggio in sé ma anche le operazioni aeroportuali, il controllo e la gestione del traffico aereo, ecc.) possono essere modificati per ridurre le emissioni inquinanti. Ne parliamo con la Dottoressa Alessandra Tedeschi, a capo del settore Ricerca & Sviluppo di Deep Blue.

Nel corso del progetto di ricerca ClimOP, finanziato dalla Commissione europea all’interno del programma Horizon 2020, i ricercatori hanno studiato gli effetti di due concetti operativi: Climate Optimized Intermediate stop-over (operazioni di scalo intermedio ottimizzate per il clima) e Fly Low and Slow (volo basso e lento). Cominciamo dal primo concetto. Arresto intermedio. Che cosa significa esattamente e che in modo possa incidere sulla riduzione delle emissioni.

Lo scalo intermedio serve per ottimizzare il consumo di carburante rispetto alla durata del volo e quindi diminuire le emissioni di particolato inquinante e CO2. Il motivo è che un aereo consuma tanto di più quanto maggiore è il suo peso. Di conseguenza, da un punto di vista d’impatto sul cambiamento climatico, nei viaggi intercontinentali non è conveniente far viaggiare gli aerei a pieno carico di carburante. Il concetto di Intermediate stop-over prevede l’introduzione di tappe intermedie, in cui l’aereo atterra per fare rifornimento, ed evitare così il viaggio a pieno carico. In questo modo l’aereo è più leggero e, nell’intero viaggio, consuma e inquina meno rispetto al solo volo intercontinentale diretto.

 

La Tap Air, compagnia aerea del Portogallo, sta già lavorando con il progetto Break your trip with a stopover. In pratica “Spezza il tuo viaggio e concediti una sosta”. Come funziona?

Nell’ottica di ridurre le emissioni del settore aviazione e incentivare nei passeggeri il concetto di arresto intermedio, per i voli intercontinentali si stanno proponendo nuovi modelli di viaggio, in cui un passeggero non si ferma su un volo mentre fa scalo e rifornimento di carburante, ma soggiorna nel luogo dello scalo, potendolo visitare, fare shopping o provandone la cucina. La compagnia Tap Air, ad esempio, offre da una a cinque notti a Lisbona o Porto, a prezzi scontati per il soggiorno e senza costi aggiuntivi sul biglietto. È evidente che siamo solo all’inizio di un processo che dovrà vedere il coinvolgimento di diversi attori (gestori di aeroporti, strutture ricettive, municipalità, attrazioni turistiche e culturali, etc.). Una volta realizzato questo cambiamento, i benefici riguarderanno non solo la lotta ai cambiamenti climatici ma l’economia del turismo in generale, anche in quei siti meno attrattivi o sviluppati. È chiaro che questo tipo di cambiamento non potrà essere applicato ai business trip e in generale a quei viaggi che hanno stringenti necessità temporali.

 

Parliamo ora invece del concetto di volare basso e lento. La prima parte dello studio sul volo basso e lento in ClimOP ha studiato gli effetti della riduzione dell’altitudine e della velocità di crociera. Quali sono stati i risultati? E quali eventualmente le criticità di questa scelta?

Gli aerei volano ad alte quote (in genere intorno ai 10.000 metri) perché più si aumenta di altitudine, più l’area è rarefatta, l’attrito diminuisce e quindi diminuiscono i consumi di carburante. Ma se immaginiamo di consumare un intero serbatoio di carburante a diverse altitudini, scopriamo che l’impatto sul clima cambia notevolmente al variare della quota: in alto gli effetti negativi sono maggiori mentre le emissioni a bassa quota hanno un impatto minore sui cambiamenti climatici. I maggiori effetti negativi non sono dovuti all’emissione di CO2 (i cui effetti sono indipendenti dalla quota e dalle condizioni meteo) ma alle emissioni degli altri agenti inquinanti. Per questo si stanno studiando nuovi modelli di gestione del traffico aereo, per abbassare la quota e ridurre la velocità di volo degli aeroplani, diminuendo così le emissioni inquinanti. I risultati delle analisi che abbiamo condotto in ClimOP sono incoraggianti e mostrano un potenziale medio di mitigazione del clima del 6,3% per i voli a lungo raggio e del 12,5% per i voli intra-europei, consentendo una penalità massima di carburante e tempo specifica per la missione fino al 5%. La configurazione più efficiente prevede in media una riduzione dell’altitudine di crociera di -2000 piedi e una riduzione della velocità del -5%. Ci sono infine buoni margini per ottenere una mitigazione del clima in media del 10% sia per le missioni a lungo che a corto raggio.

 

In un secondo sotto studio sono stati studiati anche gli effetti stagionali. Che cosa è emerso e come potrà essere utile questo dato?

Il punto di partenza dello studio sugli effetti stagionali riguarda la formazione delle scie di condensazione (in inglese contrails) prodotte dai motori degli aeroplani che, oltre al vapore acqueo, contengono anche biossido di carbonio, ossidi di azoto, monossido di carbonio, idrocarburi come il metano, solfati, particolato da combustione. Esse sono dovute alla rapida condensazione in ghiaccio del vapore acqueo presente nei gas di scarico del velivolo durante la navigazione in alta quota, dove la temperatura esterna è molto bassa. La formazione, la persistenza e l’espansione di tali scie dipendono dalle particolari condizioni di temperatura e umidità.
Per questo in ClimOP abbiamo studiato gli effetti stagionali, per capire in quali periodi dell’anno abbiamo un maggiore potenziale d’azione per la mitigazione dei cambiamenti climatici. L’analisi stagionale su 157 voli mostra un maggiore potenziale in inverno rispetto all’estate a causa di un maggiore impatto delle scie di condensazione nei giorni invernali.

 

Quanto impatterà la rivoluzione green dell’aviazione civile sul prezzo finale al consumatore? Crede che la svolta ecologica andrà necessariamente a ridurre l’offerta di voli low-cost?

Al momento si stanno studiando diversi scenari e possibili soluzioni. Tra queste – non lo neghiamo – ci sono anche ipotesi che riguardano: l’aumento dei costi dei biglietti aerei; l’aumento della durata dei viaggi; la riduzione del numero di collegamenti aerei per viaggiare in aerei più grandi e sempre pieni; limitazioni sul peso dei bagagli che ciascun passeggero potrà portare con sé. Il dato più interessante riguarda il parere in maggioranza favorevole dei cittadini rispetto a queste misure. È quanto emerge da una survey effettuata da ClimOP e che ha coinvolto centinaia di cittadini europei.
Nello specifico, oltre il 65% delle persone intervistate, ha dichiarato che pagherebbe di più per un biglietto aereo, in cambio di una riduzione dell’impatto dell’aviazione sui cambiamenti climatici. Il 64% sarebbe favorevole all’aumento di un 20% della durata dei voli brevi, ad esempio la tipica tratta Roma-Londra impiegherebbe tre ore anziché due ore e mezza. ~ Un risultato simile si è visto per i voli intercontinentali, in cui il 61% sarebbe eventualmente favorevole ad aumentarne del 16%, la durata, ad esempio il Parigi-San Francisco passerebbe dalle attuali dodici ore circa a tredici ore e mezzo. Inoltre, la maggioranza degli intervistati sarebbe favorevole ad avere meno soluzioni di viaggio, quindi voli meno frequenti, e a viaggiare su aerei più grandi e sempre al completo. Per quanto riguarda invece le limitazioni sui bagagli, il 46% si dice a favore, il 23% contrario e il 31% non si esprime in merito.

 

Sempre meno passeggeri sui voli aerei, sempre di più nei treni: in Svezia sta prendendo sempre più piede la “flygskam” (letteralmente “vergogna per l’aereo”) che sta portando migliaia di persone a scegliere sistemi di spostamento meno inquinanti a scapito delle compagnie aeree. Ma siamo sicuri che sia proprio così?

Non dobbiamo pensare al settore aviazione come un sistema chiuso e sconnesso dagli altri sistemi di trasporto e dalla società in generale. Ormai da anni si stanno facendo enormi passi in avanti in quelli che vengono definiti trasporti multimodali e sostenibili: diversi sistemi di trasporto interconnessi tra loro e capaci di garantire allo stesso tempo sostenibilità, efficienza e benessere per il viaggiatore. Lo sviluppo di una rete transnazionale di trasporti multimodali unita all’aumento del grado di consapevolezza dei cittadini in materia di cambiamenti climatici, è normale che porti anche a rivedere le proprie scelte individuali, quando si viaggia come nella vita di tutti i giorni. Ma attenzione: non dobbiamo sottovalutare nemmeno i passi in avanti tecnologici che si stanno compiendo per rendere sempre più sostenibile il settore aviazione. Pannelli solari, carburanti più sostenibili o motori a idrogeno sono solo alcune delle soluzioni in via di sperimentazione per gli aeroplani del futuro, e che nel medio-lungo periodo potrebbero rivoluzionare l’intero settore. Il contributo del progetto ClimOP consiste anche nell’individuare delle modalità per cui a questa rivoluzione possano partecipare tutti gli attori coinvolti nel settore, in modo da spartire gli oneri e trovare soluzioni condivise.