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Animali a rischio di estinzione. Non solo grandi mammiferi ma anche piccole specie indispensabili al nostro ecosistema.

Intervista di Anna Magli a Marco Antonelli, esperto di conservazione della fauna selvatica del WWF.

Sono molte e di diversa origine le cause di quella perdita di biodiversità e di specie animali che ultimamente sta mettendo in pericolo il nostro ecosistema e la nostra stessa sopravvivenza. Fra queste, il consumo di suolo, l’antropizzazione, l’agricoltura intensiva e in definitiva anche il cambiamento climatico che, si prevede, avrà un impatto sempre maggiore sul problema nei prossimi anni. Di queste lente ma inesorabili scomparse, di cui spesso non abbiamo neanche la percezione, parliamo con Marco Antonelli, esperto di conservazione della fauna selvatica de WWF.

Secondo il vostro Living planet report del 2022, si è verificato un calo medio del 69% delle popolazioni di vertebrati nell’arco di una generazione umana. Quali sono le specie in sofferenza?

È un dato che fa paura e che ci deve far riflettere perché lo studio si basa su popolazioni di vertebrati. Parliamo quindi di mammiferi, uccelli, diciamo le specie un po’ più conosciute, ma esiste anche un’estinzione che potremmo definire “più nascosta”, di specie meno conosciute, di meno appeal che paradossalmente è la più grave e con numeri ancora più impressionanti. Possiamo fare diversi esempi delle specie più conosciute che sono a rischio di estinzione a causa del cambiamento climatico. Parliamo dell’habitat dell’orso polare, la cui popolazione sta subendo un calo drastico, una riduzione importante che sta portando questa specie a diminuire di molto i suoi effettivi. Pensiamo che rimangono circa tra i 20 e i 30 mila orsi polari ma si stima che un ulteriore 30% lo andremo a perdere nei prossimi 10/15 anni se non agiamo immediatamente sulle cause che stanno facendo scomparire il loro habitat. Un’altra specie che sta soffrendo molto, una specie che è molto iconica e conosciuta, è il leopardo delle nevi, un grande carnivoro, un felino che vive sulle vette himalayane e che sta subendo gli effetti del cambiamento climatico con la scomparsa del suo habitat, sempre più invaso dalle attività umane; l’uomo, infatti, causa il mutamento climatico, si spinge sempre più in quota con le attività di allevamento e l’agricoltura e quindi toglie spazio alle specie selvatiche.

 

Negli appelli alla conservazione, sono utilizzati concetti chiave denominati, “specie chiave” e “specie bandiera”. Cosa si intende con questi termini?

Sono due concetti legati alla biologia della vita selvatica. Per specie chiave si intende specie che hanno un ruolo decisivo all’interno di un equilibrio naturale, di un ecosistema. Molto spesso, citiamo l’esempio di grandi predatori come il lupo, che può essere una specie chiave perché con la sua azione e la sua presenza “regola” anche altre specie quindi ha effetti a cascata su tanti altri componenti dell’ambiente. Questa definizione riguarda anche i grandi impollinatori. Specie bandiera sono quelle che hanno un carisma particolare sul grande pubblico e quindi possono essere in un qualche modo utilizzate per sensibilizzare e raccogliere fondi per la conservazione. E mi riferisco ai grandi mammiferi, dai grandi carnivori agli elefanti, le tartarughe marine …

 

Altra causa di estinzione è il bracconaggio. Parliamo del massacro degli elefanti in Africa per l’avorio delle zanne. Queste reiterate stragi portano anche a cambiamenti genetici? E’ di pochi giorni fa la notizia che è stato trovato in Kenya il primo elefante maschio, nato e cresciuto senza zanne. Finora erano state trovate solo femmine con questa caratteristica. È possibile che questa modifica sia stata causata dalle azioni di bracconaggio?

Non ne abbiamo ancora le prove perché parliamo di piccoli numeri, ma potrebbe essere una spiegazione logica. L’uccisione in grande quantità degli elefanti con le zanne, danno un vantaggio a quei pochi esemplari che nascono con zanne piccole o senza zanne e quindi hanno più possibilità di sopravvivere perché sono meno ricercati dai bracconieri. Se questo trend dovesse prendere piede, potremmo veramente vedere in futuro elefanti senza zanne o con zanne ridotte. Diciamo che è un effetto di un’attività illegale e terribile che potrebbe davvero variare il percorso evolutivo di una specie.

 

Anche nel nostro paese, secondo il vostro report, ci sono specie a rischio. La talpa per esempio…

La talpa è uno degli esempi delle specie meno carismatiche ma indicativo del calo di specie sono utilissime alle nostre attività. Specie che troviamo in ambiti agricoli e che possono vivere solo se le attività umane sono compatibili con l’ambiente. Con la diffusione di pratiche agricole insostenibili e invasive, con l’utilizzo di sostanze velenose in agricoltura come pesticidi ed erbicidi stiamo assistendo al drammatico calo del numero delle talpe e di tutte le specie insettivore che hanno un ruolo fondamentale nella catena alimentare del sistema e sono utilissime anche alle nostre attività. La talpa è una sorta di aratro naturale che smuove il terreno e lo rende più fertile. Sono tutte conseguenze che spesso non calcoliamo ma che avranno un impatto sull’ecosistema ed anche sulla nostra vita.

 

Una volta che una specie scompare, non c’è modo di riportarla indietro. Questa scomparsa produce un effetto domino su tutte le altre specie animali e vegetali?

Alcuni anni fa WWF aveva adottato un payoff che diceva “L’estinzione è per sempre”. Non si torna indietro una volta che una specie si è estinta, e quando l’estinzione va a colpire specie chiave dell’ecosistema questa sparizione si riverbererà a più livelli in tutto l’equilibrio naturale . Dalla scomparsa di una specie, a lungo andare , ma anche sul medio termine, si può assistere alla estinzione o alla rarefazione di moltissime altre specie. Proprio una sorta di effetto domino.

 

Anche la sopravvivenza delle api è messa a repentaglio…

Le api sono un altro esempio di specie in pericolo ma come le api ci sono molti altri insetti di cui moltissimi impollinatori che stanno scomparendo proprio perché la diffusione di pratiche agricole non sostenibili e l’intensificazione dell’utilizzo di veleni fa sì che vedremo scomparire alcune specie ed impoverire gli ecosistemi. Tutte dinamiche che avranno effetti negativi sulla nostra stessa specie. Gran parte della nostra alimentazione dipende, infatti, da questi insetti impollinatori che permettono la riproduzione delle piante con cui ci cibiamo.

 

Il WWF Italia ha già formalmente presentato ai due rami del Parlamento una petizione per istituire nel nostro Paese una figura di garanzia per la tutela della natura. C’è sensibilità in questo senso?

La sensibilità verso la natura è aumentata rispetto agli anni scorsi ma c’è ancora molto da fare. La tutela della biodiversità è richiamata anche nella Costituzione italiana e questo ci deve fare ragionare su quanto sia necessario un cambio di rotta, di investimenti economici per salvaguardare la biodiversità perché ci vuole consapevolezza che la non si tratta di qualcosa che non ci riguarda, ma della nostra stessa sopravvivenza.