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Parcobello, a lezione di vita e sopravvivenza nella natura.

Intervista di Anna Magli a
Laura Dondi, Presidente e direttore di Produzione di Parcobello a Milano.

Intervista a Laura Dondi, Presidente e direttore di Produzione di Parcobello di Milano, il progetto verde di nuova concezione teso a valorizzare la biodiversità e che permette di effettuare scelte ed esperienze dedicate all’ecosostenibilità. Con Parcobello, fin dalla nascita del progetto, si tengono con regolarità laboratori didattici e attività legate alla natura progettate e gestite da educatori ambientali ed esperti in danzamovimentoterapia.

Ci racconta un po’ la storia di Parcobello a cominciare da come è nata l’idea di creare un parco in città con tante attività interattive?
L’idea iniziale è nata dopo una mia vacanza con la famiglia in Bretagna, dove abbiamo visitato un posto meraviglioso “Les jardins de Brocéliande”. Sono 40 ettari di verde, percorsi sensoriali, giochi d’acqua ed in generale un tuffo nella natura attraverso i sensi. Parcobello è nato con l’intenzione di creare uno spazio per ripensare il proprio stile di vita giocando e divertendosi e, in generale, per spostare il proprio punto di vista e iniziare a vedere le cose con occhi diversi. Il nostro progetto è ancora quello, stiamo lavorando per avere un luogo fisico, nel frattempo però sperimentiamo laboratori e tra poco anche installazioni per mettere a punto i contenuti del Parco che vogliamo riuscire a realizzare. Per ora abbiamo stretto relazioni con diverse associazioni locali di Milano e hinterland, così possiamo utilizzare spazi verdi esistenti per realizzare i nostri laboratori e chissà, potrebbe anche nascere un Parcobello diffuso prima del luogo dei nostri sogni.

Le offerte di Parcobello sono dedicate sia agli adulti sia ai più piccoli. Se per i più giovani le attività sono facilmente intuibili, come laboratori o attività di espressione e movimento, per gli adulti è possibile sperimentare percorsi sensoriali, spesso con le stesse dinamiche usate per i più piccoli, finalizzati al mettersi in gioco e entrare in contatto con sé stessi. Che risposta ha dato questa esperienza con gli adulti e qual è il profilo di chi la sperimenta?
Gli adulti sono ancora un po’ refrattari a lasciarsi andare in natura. In realtà lo sono a lasciarsi andare in linea generale perché fare movimenti lenti, respirazioni esasperate o semplicemente abbandonarsi ai sensi, imbarazza un po’. La cosa bella è vedere come, una volta iniziato il percorso e superati i primi blocchi, il richiamo di tatto, olfatto, vista e della natura in generale diventi irresistibile. Questo vale anche per gli adolescenti. Abbiamo avuto un fratello maggiore ad un laboratorio per bambini che per i primi venti minuti non ha staccato il naso dal cellulare. Poi si è incuriosito e alla fine ha messo il telefono in tasca e si è lasciato letteralmente andare, divertendosi parecchio.

Ci ha molto colpito il vostro approccio curativo alla ‘solastalgia’, che è, come descrivete voi stessi, quel senso di malessere che pervade un essere umano quando non riconosce più un luogo a cui è legato e il suo ambiente naturale. Ci può raccontare qualcosa su questo percorso curativo?
Il termine solastalgia esiste da tempo ed è stato coniato da persone più competenti di noi. Noi non abbiamo la pretesa di curare, semplicemente prendiamo atto di cosa questo significhi e del bisogno sempre più diffuso e spesso inconsapevole, di riprendere contatto con la natura. Ecco perché portiamo le persone a sperimentare nel verde e con ciò che la natura ci fornisce. Uniamo a questo un messaggio che sottende tutte le nostre attività e che abbiamo imparato da neurobiologo Stefano Mancuso: le piante sono gli esseri viventi più intelligenti del globo e, a differenza della razza umana, agiscono per la loro sopravvivenza e riproduzione. Mancuso dice che faremmo bene ad imparare da loro se vogliamo avere una chance di sopravvivere come razza umana e i nostri laboratori si ispirano spesso ad alcuni atteggiamenti mutuati dal mondo vegetale.

A Parcobello avete pensato anche alle aziende e alla esigenze che possono avere, molte magari per risolvere problematiche esasperate dalla pandemia, come la costruzione di un team building, di comunità, in un contesto naturale e informale dove è più semplice far fluire idee ed emozioni. Avete avuto un riscontro positivo a questa proposta? Chi organizza e chi guida queste esperienze all’interno del vostro team?
Per il momento non abbiamo avuto ancora modo di sperimentare un team building. Ci piacerebbe tantissimo e facciamo un appello perchè questo accada presto. Il nostro team è formato da persone che, ricoprendo ruoli diversi, ha già fatto parecchia esperienza in questo senso. Le competenze non mancano e adesso possiamo unire la nostra esperienza al mondo vegetale con l’ausilio di educatori con formazione in scienze ambientali e botanica.

La pandemia ha certamente ridotto le vostre attività e reso Parcobello inoperante per molto tempo. Come avete trovato le persone alla ripresa delle attività? Ritenete che il potere terapeutico della natura possa giocare un ruolo importante nella guarigione psicologica da questa esperienza così devastante per piccoli e adulti?
A dire la verità noi ci siamo costituiti in pieno lockdown, possiamo dire di avere iniziato nel momento peggiore e, nonostante ciò, siamo partiti. Non è stato facile e non lo è nemmeno ora. C’è tanta voglia di tornare alla normalità e sicuramente le attività all’aperto aiutano molto. Noi vorremmo però arrivare ad avere attività più continuative e in diversi periodi dell’anno. La natura è tale sempre e non dobbiamo avere timore del freddo o di qualche goccia d’acqua. Anzi, proprio in condizioni diverse da ciò a cui siamo abituati rompiamo gli schemi e riusciamo a provare sensazioni differenti. Questo vorremmo ottenere, vivere il verde come non siamo più abituati e senza il timore di sporcarsi. E’ un po’ come correre sotto la pioggia, dopo essersi inzuppati diventa ancora più divertente e facciamo un’esperienza che difficilmente dimenticheremo.