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Isabella Pratesi, WWF: Senza riduzione del riscaldamento globale, entro la fine del secolo perderemo l’orso bianco.

Intervista di Anna Magli ad Isabella Pratesi, direttrice del Programma conservazione del WWF Italia.

Lo scorso 27 febbraio si è celebrata la giornata mondiale dell’orso polare. Anniversario triste però, perché il re dell’Artico non se la passa molto bene, essendo la sua vita in serio pericolo a causa di inquinamento e riscaldamento climatico. Secondo un nuovo studio pubblicato su Nature Communication , infatti, gli orsi polari, la cui sopravvivenza è legata alla criosfera, non riescono ad adattarsi alle temperature sempre più alte dell’Artico. Il ghiaccio marino artico, habitat dell’orso polare, si sta riducendo sia in estensione che in spessore a una velocità senza precedenti. Con la riduzione dei ghiacci, infatti, diminuiscono anche le loro tradizionali zone di caccia, fino a rischiare di morire di fame. Questo accade nonostante gli orsi stiano provando a trovare nuove soluzioni, dimostrando una forte resilienza: come andare a caccia di uccelli oppure ridurre i consumi di energia entrando in una sorta di “letargo” estivo e riducendo gli spostamenti. Ne parliamo con Isabella Pratesi, direttrice del Programma conservazione del WWF Italia

Perché la riduzione dei ghiacciai impedisce agli orsi bianchi di trovare cibo per il loro sostentamento?
L’orso polare vive nella parte ghiacciata del mare, la banchisa polare, quella che il riscaldamento globale sta facendo lentamente scomparire. Su questo ghiaccio, l’orso caccia, si riproduce, alleva i propri piccoli: la sua casa. Qui intercetta le foche che si fermano sulla banchisa. L’orso polare, il predatore al vertice dell’ecosistema artico, è il più carnivoro tra tutte le specie di orsi. Mediamente, per mantenersi in salute, un esemplare assume al giorno, ben due chilogrammi di grasso. La sua dieta è, infatti, composta perlopiù da foche, carne ad alto contenuto di calorie e, appunto, grassi per sopravvivere ai climi rigidissimi dell’Artico. Senza cacciare, non riesce ad alimentarsi adeguatamente e va quindi incontro all’estinzione.

E’ sorprendente che gli orsi stiano tentando di adattarsi al nuovo clima con nuove tecniche di caccia e nuove prede. Come è cambiato il loro comportamento?
Non potendo più contare sul ghiaccio marino, gli orsi polari si stanno adattando a sopravvivere sulla linea di costa, sulla parte in terraferma coperta dal ghiaccio. Il problema è che in questo contesto ci sono molte meno foche e quindi cercano di catturare gli uccelli marini, le loro uova ma si accontentano anche di carcasse di animali morti. Un’alimentazione, però, che non soddisfa il loro consumo energetico perché hanno bisogno di ben altro cibo. Questi tentativi di adattamento, di cambio di alimentazione per sopravvivere, non sono risolutivi. L’orso polare ha bisogno del suo ghiaccio, di poter cacciare le foche. Quello che sta succedendo a questi animali è un po’ emblematico di quello che sta succedendo al pianeta che con il riscaldamento globale sta portando al collasso molti ecosistemi, a partire da quelli del freddo. La scomparsa del ghiaccio si riverbera su tutto il sistema climatico perché i ghiacci artici, i ghiacciai delle montagne sono i nostri condizionatori del freddo. Lo scioglimento dei ghiacci non riguarda solo gli animali artici ma anche noi.

Un altro fattore di rischio per la sopravvivenza dell’orso è l’inquinamento. E’ vero che ci sono sostanze tossiche in grado di viaggiare raggiungendo aree molto lontane da quelle in cui sono state utilizzate e quindi finire anche nel latte materno destinato ai cuccioli?
Esatto e l’abbiamo riscontrato con il DDT. Noi stessi stiamo immettendo nell’ambiente una quantità enorme di pesticidi, di elementi chimici che purtroppo non si degradano ma si accumulano e vengono portati dalle correnti in tutto il mondo arrivando anche nei luoghi al confine. Questi veleni vengono accumulati dagli animali che sono ai vertici delle catene alimentari, come gli orsi. Ma anche noi, come esseri umani, accumuliamo grandi quantità di pesticidi che generano l’aumento di malattie, molte delle quali croniche. Non ci dobbiamo certo stupire se purtroppo le neoplasie sono in aumento in tutta la popolazione e non solo quelle…

Nonostante le varie strategie che mettono in atto gli orsi, la situazione è davvero drammatica. Il numero complessivo di questi grandi plantigradi ha subito variazioni?
Secondo le nostre stime ne sono rimasti tra i 22 mila e i 30 mila esemplari. Non abbiamo dati certissimi perché i censimenti in questi luoghi sono molto difficili. Siamo però assolutamente certi che sono in declino e si teme che alla fine di questo secolo non ci saranno più orsi polari. L’unica cosa da fare sarebbe fermare la crisi climatica, che è la prima responsabile, ma anche mettere in sicurezza e proteggere – destinando agli orsi – quegli ultimi siti dove il ghiaccio è perenne, resistente. Questi luoghi dovrebbero essere destinati ad essere il rifugio degli orsi per contrastarne l’estinzione. Questo è uno dei nostri progetti come WWF.

L’orso polare si trova al vertice delle catene alimentari. La riduzione degli esemplari, per non dire la scomparsa, che tipo di sconvolgimenti porterebbe o sta già creando?
Come tutti i grandi carnivori al vertice della catena alimentare, gli orsi polari sono fra i maggiori equilibratori degli ecosistemi. E’ difficile descrivere come funziona la catena ma possiamo affermare che senza orsi polari, anche gli oceani producono meno pesce. Ne consegue che c’è meno abbondanza di cibo per tutti gli altri animali e anche per l’uomo. La presenza dell’orso garantisce un sano funzionamento dell’ecosistema artico. Questa dinamica in realtà vale anche per tutti grandi predatori, dai leoni agli orsi bruni: sono funzionali per mantenere in equilibrio la natura.

C’è qualcosa che si può fare, qualche possibile strategia conservativa che possa mitigare questo momento così drammatico per l’orso polare?
La prima cosa è continuare a studiarli per capire se riescono a farcela, quali sono le strategie che stanno mettendo in atto , come rileva lo studio pubblicato su Nature. La cosa più importante è proteggere quei luoghi che noi del WWF definiamo Last Ice Area, definendo così le aree di ghiaccio perenne fondamentali per il futuro dell’orso. Chiaramente molti spazi dedicati all’habitat dell’orso sono già andati perduti e ancora ne perderemo; anche se riuscissimo a fermare da oggi il riscaldamento del pianeta, perché i processi climatici hanno una lunga coda. Però se mettiamo in sicurezza quei luoghi, quelle nicchie ancora ghiacciate, che rimarranno tali anche nei prossimi anni, gli orsi potranno avere un rifugio sicuro. E questo è l’obiettivo sui cui, come WWF, stiamo lavorando.