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Troppi cervi o pericolo di estinzione? Sono solo 300 gli esemplari di Cervo Italico, un vero tesoro da sottoporre a tutela.

Intervista di Anna Magli al Dottor Gianluca Catullo, responsabile specie e habitat del WWF Italia.

Sui piani di abbattimento e sui progetti di ripopolazione della fauna selvatica, capita spesso di leggere notizie così agli antipodi, uscite magari a pochi giorni una dall’altra, da risultare destabilizzanti.
È di poche settimane fa la notizia sulla presenza di troppi cervi al Parco dello Stelvio, un numero così alto da rendere necessario l’abbattimento di almeno 1500 esemplari. Pochi giorni dopo invece si scriveva che “Il cervo deve far fronte alle problematiche che sono appannaggio degli animali selvatici in Italia. Per la sua sopravvivenza è tempo di agire”. Ci si chiede davvero com’è possibile che esistano due percezioni così diverse rispetto allo stesso argomento. Per chiarire il dubbio abbiamo rivolto alcune domande al Dottor Gianluca Catullo, responsabile specie e habitat del WWF Italia.

1500 esemplari da abbattere in cinque anni, secondo il Piano di conservazione e gestione del cervo” del Parco nazionale dello Stelvio. Però si scrive anche che il cervo nel nostro paese potrebbe diventare presto un animale a rischio… Come si spiegano queste incongruenze?

L’incongruenza si spiega tenendo presente che quando parliamo di cervo in Italia ci riferiamo in realtà ad entità tassonomiche diverse, ovvero a diverse sottospecie caratterizzate da esigenze di tutela molto diverse tra loro.

Nella provincia di Trento, secondo le autorità, l’elevata densità di cervi ha provocato delle ripercussioni negative sia alla fauna che alla flora del territorio. Per esempio mangiano le bacche dell’abete rosso. Le risulta?

In taluni casi le popolazioni di cervi possono crescere al punto da arrecare danni all’ecosistema nel quale vivono. Nel caso del cervo, un’eccessiva pressione può limitare la capacità del bosco di rinnovarsi, in quanto le giovani piantine non riescono a raggiungere la maturità. Nel lungo periodo questo può divenire un problema.

Non è l’unica accusa: sembra che i cervi abbiano danneggiato anche il fieno con degli ammanchi che arrivano fino al 30. Un’accusa che corrisponde al vero?

I cervi possono arrecare danni alle colture, ma generalmente l’impatto è modesto, soprattutto se paragonato a quello di altri ungulati, in primis il cinghiale.

Com’è attualmente la situazione della specie nella penisola?

Alla fine del secondo conflitto bellico il cervo si rinveniva in poche località dell’Italia peninsulare, localizzate per lo più lungo l’arco alpino. A partire dagli anni ‘50 sono poi stati avviati numerosi interventi di reintroduzione con esemplari di cervo provenienti dall’Europa centrale: grazie alle azioni di reintroduzione il cervo ha ricolonizzato praticamente tutto l’arco alpino e una buona porzione della dorsale appenninica. In un solo sito, localizzato in provincia di Ferrara, in quella che è attualmente la Riserva Naturale Statale del Bosco della Mesola, si è mantenuta una piccola popolazione residua dell’unico cervo autoctono peninsulare italiano, il cervo italico, sottospecie del cervo europeo. Si tratta di una popolazione di circa soli 300 esemplari, gestita oggi dai Carabinieri Forestali, un vero tesoro da sottoporre a tutela proprio perché endemico, ovvero presente unicamente nel nostro paese.

Che specie di cervi sono presenti in Italia?

Il cervo in Italia è presente con una sola specie, Cervus elaphus. Abbiamo però due sottospecie endemiche: il cervo italico (Cervus elaphus italicus) presente nell’area della Mesola e il cervo sardo (Cervus elaphus corsicanus) presente esclusivamente in Sardegna e Corsica. Nella maggior parte del territorio italiano è invece presente il cervo europeo (Cervus elaphus hippelaphus).

Quali sono le aree in cui il cervo è più presente e dove invece si stanno estinguendo?

Il cervo in Italia è una specie in crescita e non si evidenziano nel medio periodo significativi problemi di conservazione, né tanto meno il rischio di possibili estinzioni locali. L’unica eccezione è costituita dal cervo italico in quanto la popolazione residua di questa sottospecie endemica è composta da un numero di individui particolarmente ridotto.

I recenti danni dovuti al cambiamento climatico ne hanno alterato o distrutto gli habitat?

Il cervo è una specie prettamente forestale e potrebbe risentire in futuro di eventuali problematiche che il cambiamento climatico potrebbe causare a questa tipologia di ecosistema. Al momento il rischio maggiore è rappresentato dagli incendi forestali, la cui frequenza è in preoccupante aumento da qualche anno a questa parte, proprio a causa dell’incremento delle temperature medie.

Che programmi si stanno attuando in merito?

Al momento il più interessante programma di tutela riguarda il cervo italico. La presenza di un’unica popolazione di questa sottospecie autoctona nell’area della Mesola costituisce una seria minaccia alla sua conservazione, in quanto un evento casuale, quale ad esempio un’epidemia, ne metterebbe a rischio la sopravvivenza futura. Per questo motivo il WWF sta lavorando assieme a Carabinieri Forestali, Università di Siena e Parco Regionale delle Serre per la creazione di una seconda popolazione nell’omonimo parco attraverso un ambizioso programma di traslocazione partito nel 2023. Ricordiamo anche che in passato il WWF ha contribuito a salvare dall’estinzione il cervo sardo, attraverso la creazione dell’oasi di Monte Arcosu.

Come è regolata la caccia a questo ungulato?

In alcune regioni il cervo è una specie cacciabile ed oggetto di prelievo tramite caccia di selezione, attuata sulla base di specifici piani di abbattimento. Questo tipo di attività venatoria è molto diffusa nell’arco alpino ed è prevedibile che possa estendersi anche in aree appenniniche. La caccia di selezione, se effettuata sulla base di criteri scientifici, può essere sostenibile e non intaccare la vitalità delle popolazioni oggetto di prelievo.