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BOM Art Trail. Enrico Menegatti: Il mio drago mi somiglia, combatto e non mi arrendo mai.

Intervista di Anna Magli a Enrico Menegatti, artista e scultore.

Il quarto incontro con gli artisti che hanno partecipato alla realizzazione del percorso tematico Bologna Montana Art Trail , inaugurato nel giugno 2023, è con Enrico Menegatti che nel territorio di San Benedetto Val di Sambro ha realizzato la scultura “Io sono San Giorgio”. Il percorso, che tocca i comuni di Loiano, Monzuno, Monghidoro e Monterenzio e S. Benedetto Val di Sambro, ospita una rassegna artistica dove, selezionati artisti, realizzeranno, di anno in anno, opere di Land Art avvalendosi di materiali prevalentemente naturali, come alberi, rami, sassi, terra ed altro. Le opere andranno a costituire, nell’arco di alcuni anni, una galleria a cielo aperto, lunga circa 100 km, costellata di decine e decine di opere di Land Art.
“Io sono San Giorgio” è realizzata in legno, tronchi e rami di albero, e rappresenta il Santo a cavallo nell’atto di sconfiggere il drago. Menegatti, originario di Codigoro, classe 1955 è stato vincitore, fra i i tanti attestati, del premio Arte Mondadori nel 2000.

Contrariamente agli altri artisti, Enrio Menegatti ha preferito rispondere alla nostra intervista con un racconto autobiografico in cui descrive la genesi del suo percorso artistico, i successi, le sconfitte, la voglia di non arrendersi mai.

Non dimenticherò mai quel giorno quando uno sparuto gruppo di “sconosciuti” mi ha fatto sentire un “artista” grazie alla natura. Era una mattina di luglio 2015 e mi trovavo a passeggiare di buon’ora nel tratto di mare che separa il Lido di Volano da Lido delle Nazioni. Un palcoscenico a dir poco fuori dal comune, in un territorio mai uguale a se stesso, in continua evoluzione come lo può essere il delta di un fiume. In questo caso del più grande fiume italiano, il Po. Un luogo magico, ai confini del mondo. Davanti a questo mare che rapisce il tuo sguardo ben oltre all’orizzonte, forse alla ricerca di qualcosa che non c’è. Come si dice in questi casi ” chi più lontano volge lo sguardo, più a lungo sogna”. Lì, in quel momento, ho sentito che la Natura s’impossessava della mia anima e mi suggeriva di fermarmi perché in quel periodo stavo correndo talmente in fretta che la mia anima era rimasta indietro. L’ho fatto nel modo più semplice, mettendomi davanti ad un vecchio pezzo di legno con le sembianze della testa di un cavallo. Una sfida che ho raccolto subito con la lucida certezza che quell’istante mi avrebbe cambiato la vita. E così è stato. Per farla breve, è successo che la Natura mi ha voluto dire “Ecco Enrico, io ti faccio trovare un pezzo di legno che l’ambiente circostante e gli agenti atmosferici hanno modellato a testa di cavallo. Tu, con tutti i pezzi di legno che il Po ha donato alla spiaggia, lavoralo usando la tua esperienza artistica, il gusto e la sensibilità che hai dentro, per farlo sembrare un cavallo vero”. Ricordo bene, come fosse adesso, che raccoglievo pezzi di legno su e giù per gli scogli guidato da una forza interiore che non conoscevo e che la mia curiosità assecondava al punto da farmi pensare “Ok, adesso ti do retta e raccolgo questi legni poi sono curioso di vedere il risultato.”. Dopo circa un’ora e mezza, in cui mi è sembrato di lavorare in una specie di trance artistica, mi sono ritrovato davanti ad un cavallo a grandezza naturale che sembrava vero! Quasi non ci credevo visto che era la prima volta che mi esprimevo in quel tipo di arte. Rimasi meravigliato davanti a quella sorta di bellezza anomala e facevo fatica a credere di averlo realizzato io. Io stesso non avrei saputo spiegarlo alle persone ma essendo in completa solitudine pensai che la cosa migliore da fare fosse fotografarlo per avere un ricordo. Dovetti, quindi, abbandonarlo per percorrere i due chilometri che mi separavano dall’auto dove avevo lasciato il cellulare. Mentre tornato indietro cominciai a maturare la preoccupazione che qualcuno, vedendo abbandonato il mio cavallo, avesse avuto voglia di distruggerlo, dato che non avendo potuto fissare il materiale mi ero limitato ad incastrare i legni per tenerlo unito. Invece mentre mi avvicinavo, ho visto una piccola folla in ammirazione intenta a fotografarlo. Pensai subito che non mi avrebbero creduto se mi fossi attribuito la paternità della statua e così mi unii alla folla dei turisti cominciando io stesso a fotografarlo. Intanto raccoglievo le opinioni spontanee di chi lo ammirava. Una musica dolcissima per le mie orecchie. “Ma che meraviglia, mai visto una cosa tanto bella! Questo è veramente un artista! Speriamo ne faccia degli altri”. Ed ancora ” Io ho girato parecchio, ma non ho mai visto una cosa così particolare…” E tanti altri pareri del genere. Era molto emozionato e mi sarebbe davvero piaciuto potermi attribuire, lì seduta stante davanti a tutti, la paternità della mia opera. Invece mi trattenni ma feci a me stesso una promessa: che avrei realizzato un’altra opera , ogni sabato, per tutta l’estate. Naturalmente in forma anonima. Continuavo a ripetermi che ero davanti a persone che, pur non conoscendomi, stavano lodando ed apprezzando la mia arte. Mi sembrava di toccare il cielo con un dito. Fu un periodo fantastico. Lavoravo tutta la settimana, fino a venerdì, come sommozzatore per un’azienda del territorio e non vedevo l’ora che arrivasse il sabato per creare di nascosto una nuova “opera”. All’epoca, nessuno conosceva Banksy e ogni tanto, scherzando sulla mia esperienza, dico che si è ispirato lui alle mie opere, ma a lui sono venute meglio! Restai per un po’ nell’anonimato ma, dopo 4 sculture fatte di nascosto, qualcun ebbe l’idea di fotografarmi mentre creavo e di far circolare le foto sul web. Inoltre, nei vari stabilimenti balneari, si era scatenata la “caccia all’artista misterioso” che ogni sabato realizzava una scultura sul sentiero affacciato sul mare. Il giornalista Claudio Castagnoli mi fece un gran regalo: un bellissimo articolo su Il Resto del Carlino. Da quel giorno cominciai ad avere attenzioni che mai avrei pensato. La gente mi guardava e trattava in modo diverso facendomi spesso riflettere sul fatto che io mi sentivo sempre lo stesso di prima e continuavo a fare quello che avevo sempre fatto, magari non più di nascosto. Adesso la gente mi salutava chiamandomi “Maestro” oppure mi indicava come “l’Artista”. A fine estate sul camminamento c’erano in mostra ben 11 sculture, bellissime, uniche e originali che stavano portando in quel luogo sconosciuto a molti, centinaia di persone. E tutto questo grazie a quel fortunato articolo e passaparola. Ho vissuto momenti di grande notorietà e successo per aver creduto in quel museo a cielo aperto fruibile da tutti: una cosa senza precedenti in quel territorio. Ovvio che prima o poi qualcuno avrebbe dimostrato invidia, come mi dissero i carabinieri il giorno che mi chiamarono in caserma per informarmi del rogo delle 11 sculture. Fino a quel momento, dalla fine dell’estate, i vandali si erano limitati a rovinare, in parte, 4/5 sculture, danni che con mio fratello provvedevamo subito a rimediare. Una volta, addirittura, dopo aver danneggiato il dinosauro lasciarono sul terreno una pistola giocattolo ed un cartello con un segnale d morte!” Il maresciallo disse che era un chiaro avvertimento che mi volevano “eliminare”, e consigliò di smettere di creare sculture in qui luoghi. Consiglio cui non ho dato retta perché mi dicevo che era assurdo dover rimanere chiuso in casa, nascosto, per colpa di un manipolo di incivili e maleducati, invece di difendere la mia arte. Dovevo decidere se arrendermi o combattere per difendere quello che avevo creato. “Tenere botta”, come hanno fatto e stanno i nostri fratelli romagnoli. La mia reazione è stata quella di non dargliela vinta, anzi. Ho deciso di rincarare la dose e tornare sul luogo per ricominciare a costruire. Questa decisione mi ha premiato. La mia tenacia ha infatti contribuito a farmi assegnare nel 2016, quando con la scultura che rappresenta una foca, ho ottenuto il riconoscimento speciale Riva1920 del premio Reuse – Nutrition for Planet alla Festa del Legno di Cantù, premio dedicato a opere d’arte create con materiale di recupero o riciclo. Ho ricominciato a lavorare con il supporto di moltissimi fan, che mi hanno aiutato a superare quei brutti momenti. Nel 2017 sono stato invitato a collaborare con diverse opere al Parco Guido Monaco dell’Abbazia di Pomposa, famosa nel mondo per aver ospitato la nascita delle note musicali. Naturalmente non posso che essere entusiasta del progetto Bologna Montana Art Trail, visto che vedo concretizzarsi quello che era il mio progetto iniziale del 2015 sul litorale ferrarese. La mia idea era, infatti, quella di posizionare una mia opera ogni 200 metri per unire il Lido di Volano a quello delle Nazioni e creare in questo modo un sentiero ciclo pedonabile sul mare: il più bello del mondo.! Tutto questo prima che i vandali distruggessero le mie sculture. Ora sto lavorando a un progetto con l’Azienda biologica “Kida Organic Forest” di Ferrara, dove sorgerà la piantagione di bambù più grande d’Italia. E’ previsto che nell’arco di due anni siano posizionate ben ben 40 delle mie opere per creare un percorso didattico che illustrerà piante e sculture. Per lo meno le mie opere saranno più protette e fruibili al grande pubblico della città di Ferrara. Per Bologna Montana Art Trail ho voluto realizzare l’opera “San Giorgio e il Drago” perché sento che rappresenta un po’ la mia storia ed anche quella di molte altre persone. Il messaggio è quello di non arrendersi mai e combattere sempre per cercare di sconfiggere il male.